Il suicidio in cella e le frasi choc su Fb: 11 agenti sospesi

Il suicidio in cella e le frasi choc su Fb: 11 agenti sospesi
di Silvia Barocci
3 Minuti di Lettura
Giovedì 19 Febbraio 2015, 05:58 - Ultimo aggiornamento: 20 Febbraio, 16:20
ROMA Bastano tre parole per rovinare il lavoro che al Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria portano avanti da anni, e con gran fatica, per far fronte al sovraffollamento dei detenuti.



«Uno in meno», scrive a proposito del suicidio di un detenuto romeno nel carcere milanese di Opera un agente penitenziario sulla pagina facebook di un sindacato, l'Alsippe, talmente piccolo da non avere alcuna rappresentanza presso il ministero della Giustizia.



Parole ignobili cui ne seguono altre dello stesso tenore: «Un rumeno in meno», «speriamo abbia sofferto», «a me dispiace per i colleghi che si suicidano, ma per soggetti come questo, per lui no!». E via così, con commenti (ora rimossi) a corredo della notizia postata sul suicidio di Ioan Gabriel Barbuta, 39enne romeno condannato all'ergastolo dalla Corte di assise di appello di Venezia per aver ucciso, nel giugno del 2013, un vicino di casa durante una rapina finita male.



LE PUNIZIONI

Il Guardasigilli Andrea Orlando va su tutte le furie e convoca per oggi una riunione con il nuovo capo del Dap Santi Consolo. In breve tempo il Nucleo investigativo centrale dell'amministrazione penitenziaria identifica i primi 15 agenti autori dei commenti. Di questi, quattro sarebbero fuori dal Corpo perché già raggiunti in passato da provvedimenti disciplinari, mentre gli altri - una decina in tutto - saranno sospesi in via cautelare e, oltre a un'azione disciplinare, rischiano anche una denuncia all'autorità giudiziaria per istigazione al suicidio. Ma l'inchiesta interna del Dap potrebbe allargarsi anche ad altri agenti che hanno postato i ”like” a commenti brutali del tipo «consiglio di mettere a disposizione più corde e sapone».



LE REAZIONI

Parole che il Dap ritiene «un'offesa al lavoro di tutti gli agenti che tutti i giorni sono impegnati a salvaguardare le persone che hanno in custodia». «Il comportamento di chi ha deriso un suicidio di un detenuto lascia allibito e deve essere valutato presto e con severità», assicura il sottosegretario alla Giustizia Cosimo Ferri. Unanime la condanna di Pd e Sel, mentre l'associazione Antigone invita il l'amministrazione penitenziaria a chiudere ogni rapporto con l'Alsippe se verrà dimostrato che sono loro tesserati quelli che hanno scritto frasi così volgari e offensive.



Ma l'Alsippe, acronimo di Alleanza sindacale polizia penitenziaria, è praticamente misconosciuto: ha così pochi iscritti che nei tavoli di contrattazione non ha alcuna rappresentanza. Eppure il danno di pochi è enorme, soprattutto in un Dipartimento che nel 2011 ha dovuto gestire un sovraffollamento record (quasi 69mila detenuti contro una capienza regolamentare di circa 50mila posti) e che grazie a una serie di interventi, diversi dall'amnistia o dall'indulto, ha evitato per un soffio una pesante condanna da parte della Corte europea dei diritti dell'uomo.



Oggi che la popolazione carceraria è tornata a livelli più accettabili (53.934 unità, nessuno sotto la soglia regolamentare di tre metri quadrati di spazio a testa), le parole feroci di pochi appannano il lavoro dei più. Lo sa bene il principale sindacato, il Sappe: «esultare per la morte di un detenuto - dice Donato Capece - è cosa ignobile e vergognosa». L'unica voce fuori dal coro resta quella del segretario della Lega, Matteo Salvini, secondo cui «conoscendo quali sono le condizioni in cui lavorano gli agenti della Polizia Penitenziaria non dico che giustifico ma capisco».