Ieri, nel corso dell'udienza collegiale presieduta dal giudice francesca Grassi, la vittima, assistita dall'avvocato Ruggero Tomasi, ha ripercorso a fatica i fatti drammatici di quella notte. «Mi stringeva forte i polsi, mi faceva talmente male che non riuscivo a muovervi - ha detto con voce rotta - Tutto quello che potevo fare era urlare e piangere, sperando che qualcuno sentendomi mi venisse ad aiutare, a portarmi via da lui».
Secondo la testimonianza della ventenne, le sue urla avrebbero attirato l'attenzione di una coppia: «Si è avvicinata, ma il mio violentatore gli ha fatto cenno di andarsene, di non impicciarsi. La coppia se ne è andata e lui ha continuato ad abusare di me come se niente fosse. Per me è stato un doppio shock».
L'imputato, difeso dall'avvocato Andrea Reginelli, ha sempre negato ogni tipo di violenza, sostenendo che con la ragazza aveva solamente un rapporto di amicizia. Un fatto che ha trovato sostegno nei tabulati telefonici analizzati dagli inquirenti. I due si conoscevano da sei anni e si sentivano spesso, da quando il capoverdiano si era fidanzato con la migliore amica della vittima - rapporto poi finito - ed era così entrato a far parte della comitiva. I dati rilevati dai tabulati telefonici hanno fatto sì che inizialmente l'ago della bilancia si spostasse verso la tesi del giovane ma la deposizione dei testimoni, che hanno raccontato di aver visto la vittima molto scossa negli istanti successivi al presunto stupro, e gli esami medici a cui la ragazza si è sottoposta, hanno confermato l'ipotesi della violenza sessuale.
La sentenza è attesa per il 26 febbraio 2015.
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