Invece è soltanto l'inizio di una triste e brutta storia, se risulteranno confermate le accuse contestate ad alcuni componenti dell'equipaggio della nave Chimera che la notte tra il 25 e il 26 ottobre 2013 soccorse a 45 miglia da Lampedusa un'imbarcazione con un centinaio di migranti scappati dalla Siria. Sì perchè, secondo quanto emerso dall'inchiesta della Procura Militare di Napoli (alla quale il fascicolo è stato trasmesso dai pm di Agrigento), i profughi furono depredati di tutti i soldi e gli oggetti di valore. Peculato militare aggravato è il reato contestato al sergente Massimo Metrangolo, 38 anni, l'imputato gravato dalle accuse più pesanti. Per altri sette militari il reato ipotizzato è di violata consegna per aver disatteso le disposizioni e aver agevolato di conseguenza l'attività illecita del collega.
L'indagine è stata rivelata da un servizio del Tg La7 Cronache.
Per tutti i militari, appartenenti alla Brigata San Marco secondo Reggimento Brindisi, il denaro e gli oggetti furono inseriti «cumulativamente» in buste prive di numerazione o altri segni di riconoscimento. Secondo l'accusa, avrebbero obbligato i migranti «man mano che venivano perquisiti a distogliere lo sguardo dalle successive operazioni e a restare inginocchiati, girati verso il mare». Gli inquirenti hanno raccolto le testimonianze di numerosi immigrati, compresi donne e bambini. C'è chi ha riferito di aver visto alcuni militari, che non ha saputo indicare perchè indossavano le mascherine sanitarie, mentre con un coltello tagliavano i sacchetti e rovistavano all'interno intascando poi il contenuto.
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