Risposte urgenti/ L’intollerabile assenza di una legge

di Oscar Giannino
3 Minuti di Lettura
Venerdì 2 Ottobre 2015, 23:45 - Ultimo aggiornamento: 23:58
Ancora un venerdì di passione a Roma, paralizzata dall’ennesimo sciopero dei trasporti pubblici. Chiuse le metro A e B, la linea Roma-Lido, fortissime riduzioni di autobus e tram e di corse sulla Roma-Viterbo. Lo sciopero di 24 ore in tutto il trasporto pubblico romano era stato proclamato da Usb, il sindacato unitario di base, mentre le altre sigle avevano accolto l’appello a recedere da parte delle autorità. Poiché moltissime volte già abbiamo affrontato il tema, ma puntualmente il blocco totale si ripete sconvolgendo la vita di centinaia di migliaia di cittadini e turisti, questa volta avanziamo tre domande precise: al Campidoglio, al prefetto di Roma e al governo. La prima: sulla precettazione. Perché questa volta non è scattata? Il rischio è che, in assenza di una norma nazionale univoca e definitiva, manchi una linea chiara: chiara per i cittadini, ma anche per i sindacati. Se non si precetta neanche quando la stragrande maggioranza delle sigle sindacali recede dallo sciopero, e l’effetto di chi invece non cambia idea è comunque la paralisi della Capitale, quali sono le valutazioni in base alle quali la precettazione scatta oppure no?



La seconda: riguarda innanzitutto il neo assessore ai Trasporti, Esposito. Nelle precedenti 48 ore, abbiamo assistito ad almeno tre suoi pronunciamenti che non abbiamo compreso. All’incontro coi sindacati per evitare lo sciopero l’assessore ha preso di petto esattamente l’Usb che non recedeva a differenza delle altre sigle e che è protagonista insieme ad altri sindacati di base ancora minori della recente stagione di scioperi a raffica e scioperi bianchi nei trasporti pubblici a Roma. L’assessore l’ha definito un "partitino extraparlamentare". Ma il risultato si è visto ieri: cioè la massiccia partecipazione del personale Atac e Tpl-Roma (trasporto pubblico locale) allo sciopero, una percentuale massiccia ben superiore alle adesioni su cui conta l’Usb.



Il giorno prima l’assessore Esposito aveva di fatto smentito il piano industriale di risanamento Atac, chiedendo che le gare per nuovi mezzi prevedano la manutenzione interna con costi aggiuntivi, obbligando anche il direttore generale di Atac a dimettersi quando già manca l'amministratore delegato. Così facendo, Esposito ha reso di nuovo acefala l'azienda municipalizzata che già ha il poco onorevole vanto di essere la più scassata d'Italia, e soprattutto ha smentito proprio la maggioranza dei sindacati che quel piano industriale di ristrutturazione, sia pur a denti stretti, l'avevano firmato, mentre i sindacatini di base scioperano contro quel piano dall’intera estate.



Infine, all’assessore è anche scappata un’espressione che sembrava voler dire che gli autisti Atac già lavorano fin troppo, quando uno dei punti del piano di ristrutturazione poggia proprio sull’aumento delle ore lavorate ordinarie, mettendosi in linea con le altre grandi città italiane e contenendo gli emolumenti straordinari per la prestazione del servizio.



Ma allora che senso ha tacciare l’Usb di agire come un partitino extraparlamentare, se di fatto l'assessore per primo nel merito delle vertenze sembra paradossalmente sposarne la causa? La terza: questa volta, rivolta al governo. Abbiamo scritto molte volte – e lo ripetiamo – che la frequenza e gravità di questi episodi impone la riforma della legge 146 del 1990 sul diritto di sciopero. In modo da introdurre nei servizi pubblici tetti di rappresentanza minima e verificata ai sindacati per poter indire scioperi, e prevedendo il voto ex ante dei lavoratori con percentuali fisse di consenso, per poterlo poi regolarmente effettuare. Ripetiamo: in 17 Paesi europei è previsto il voto dei lavoratori sugli scioperi. Il governo – Renzi, Delrio – ha più volte espresso il suo favore.



Ma ogni volta ha anche aggiunto che attenderà lo sviluppo delle proposte di legge giacenti in parlamento sul tema, in modo che sia possibile – su un tema così delicato come lo sciopero – il più vasto confronto politico. Benissimo, ne prendiamo atto. Ma allora che cosa si aspetta ancora a proclamare almeno la moratoria sugli scioperi nei servizi pubblici a Roma prima e durante tutto il Giubileo, al quale mancano ormai poche settimane?



La moratoria è stata deliberata con largo anticipo per Expo a Milano, e i sindacati confederali - sia pur con qualche mal di pancia della Cgil - a Milano l'hanno responsabilmente accettata. Perché non lo si fa anche a Roma, subito? Che cosa bisogna attendere? La crisi di fiducia dei romani si aggrava a ogni ripetizione di questo infarto cittadino. Sindaco, prefetto e governo lo sanno. O si interviene con misure concrete, oppure lo scaricabarile istituzionale non salva nessuno dalla sfiducia. E dalle sue conseguenze elettorali, il giorno in cui le urne torneranno a esprimersi.