Decine di pullman pieni di turisti, perlopiù asiatici, delusi per avere trovato gli scavi archeologici di Pompei chiusi, qualche selfie davanti ai cancelli sbarrati , niente servizi igienici a disposizione dei visitatori «mancati», e solo una bancarella di souvenir aperta: è lo scenario raccontato oggi da Antonio Irlando, dell'Osservatorio Patrimonio Culturale, che stamattina ha passato alcune ore davanti agli ingressi degli scavi archeologici di Pompei.
«C'erano molti giapponesi e coreani che avevano prenotato questa visita molto tempo fa e su cui si è abbattuta la decisione del ministero di tenere chiusi gli scavi.
«Ho notato anche parecchie auto private e taxi - dice ancora Irlando, che è anche assessore ai Beni Culturali del Comune di Torre Annunziata - con a bordo persone fermamente intenzionate a visitare gli scavi per Capodanno. Ho visto sui loro volti la delusione. Alla fine un dietrofront, senza neppure consumare un panino, visto che i bar erano tutti chiusi». Il giorno di Santo Stefano, Antonio Irlando aveva definito «un fatto gravissimo» la decisione di chiudere gli scavi archeologici di Pompei, parere che ribadisce con maggior forza anche oggi: «Abbiamo perso il primato esclusivo dell'apertura straordinaria a Natale e Capodanno».
Irlando non dimentica di rimarcare «la brutta figura che l'Italia ha fatto nei confronti dei visitatori stranieri» e soprattutto, «i danni all'economia turistica di Pompei». «Il ministro Franceschini - ricorda ancora - ha giustificato la decisione dicendo che si trattava solo di una scelta di buona amministrazione. Ma il ministro dovrebbe anche chiedersi quanto vale la brutta figura e la scarsa accoglienza riservata a migliaia di turisti d'oltreoceano, privati del piacere di visitare gli scavi. Dovevamo invece valorizzare una prerogativa, l'apertura straordinaria, che avrebbe potuto proporre Pompei, Ercolano e Oplontis, come gli unici siti archeologici d'Italia ad essere aperti per le festività natalizie, con evidenti e necessaria ricadute su un settore economico, qual è quello turistico, che non può permettersi di rifiutare possibilità d'incremento di presenze sul territorio».