Ricerca, ecco il piano del governo. Si punta su tre priorità: aerospazio, cibo e innovazione nelle fabbriche

Ricerca, ecco il piano del governo. Si punta su tre priorità: aerospazio, cibo e innovazione nelle fabbriche
di Massimiliano Coccia
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Lunedì 20 Aprile 2015, 06:35 - Ultimo aggiornamento: 21 Aprile, 09:06
Il Piano nazionale per la ricerca è approdato venerdì in Consiglio dei ministri e ha portato con se una ventata di novità. Il documento, che di fatto, programma economicamente e strutturalmente gli investimenti nella ricerca del nostro Paese presenta una serie di novità: innanzitutto nella durata che per la prima volta è settennale, così da adeguarsi alle direttive di raccordo con l'Unione europea sia per il piano di investimenti previsti che per le specializzazione interne che saranno 12 e coincideranno con quelle del piano Horizon 2020 (Programma europeo per la ricerca).



I SEGMENTI

Le aree di sviluppo prioritarie, come si legge dalla bozza del Ministero, saranno tre: aereospazio, agrifood e fabbrica intelligente, che sono le aree individuate per la specializzazione nazionale intelligente, ovvero quegli ambiti di ricerca dove è possibile sviluppare una concentrazione di investimenti e risorse tesi all'innovazione industriale, anche da parte dei privati. Il secondo segmento riguarda il settore ad “alto potenziale”, ovvero quegli ambiti dove il nostro Paese, rispetto agli altri stati dell'Unione, ha particolari competenze e peculiarità (chimica verde, patrimonio culturale, creatività e design made in Italy e sviluppo della filiera marittima); il terzo segmento è rappresentato dalle aree in transizione (smart city and communities, tecnologie per gli ambienti di vita), che hanno visto una buona vitalità nell'ultimo triennio ma che hanno bisogno del sostegno della domanda per la creazione di nuove fette di mercato per l'innovazione. L'ultimo segmento riguarda gli ambiti consolidati come salute, energia e trasporti, che necessiteranno di un individuazione di settori specifici in cui destinare le risorse. Un documento molto corposo che cerca di ridisegnare, innovando il complesso assetto della ricerca italiana e che ha come obiettivo l'impiego di 6 miliardi di euro da qui fino al 2016. Queste risorse saranno attinte per un terzo dal bilancio del Miur, andando a pescare dai fondi per il Piano operativo nazionale per la ricerca (circa 2,2 miliardi di euro) e la parte rimanente sarà attinta dai Programmi Regionali (Por) e dal programma europeo Horizon 2020.



NELLE IMPRESE

Nelle cinquanta pagine di bozza del Pnr, si assiste ad una lettura non solo economica della questione “ricerca” ma anche culturale. Infatti l'innovazione, lo sviluppo e l'impiego ad esempio dei dottorati verterà su l'integrazione tra ricerca ed industria. Una novità accennata già dal ministro Giannini qualche mese fa, che oggi trova conferma nel documento. Tuttavia l'integrazione complessiva degli investimenti, delle funzioni, dei ruoli e delle mansioni dei dottori di ricerca nel mondo lavorativo privato suscita qualche perplessità, Giuseppe Montalbano, dell'esecutivo nazionale dell'Associazione dottorati Italiani , afferma «come Adi crediamo che un programma di co-finanziamento pubblico/privato per lo sviluppo di percorsi innovativi di dottorato possa essere un'opportunità solo se alla base è garantito un contributo sostanziale del mondo imprenditoriale e che non veda, come già avviene nelle università, l'impiego dei dottorati come lavoratori a basso costo. Inoltre c'è da tutelare la libertà di ricerca che non deve sottostare alle priorità aziendali. Mi sembra - conclude Montalbano – che il mondo imprenditoriale italiano nell'arco degli anni abbia dato prova di scarsa capacità di investimento e non vorremmo mai che la proposta del Miur contenuta nel Pnr, sia la brutta copia dell'assurdo “dottorato industriale” introdotto da Profumo che mette il mondo della ricerca al servizio delle imprese, senza garanzie per i dottori di ricerca».



I TEMPI

Il Piano nazionale della ricerca approderà intorno al 20 aprile al Cipe (Comitato Interministeriale per la programmazione economica) e verrà esaminato in tutte le sue voci di spesa, con oltre 14 mesi di ritardo, una costante che al momento ci allontana molto dagli standard europei.