Ma ora il processo di Palermo è a rischio annullamento

di Cristiana Mangani
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Mercoledì 29 Ottobre 2014, 06:06 - Ultimo aggiornamento: 08:18
Incombe sul processo e rischia di vanificare la testimonianza del presidente della Repubblica, ma anche di tutti quegli atti che dalle sue dichiarazione deriveranno. È la spada di Damocle della nullità, l'eccezione che l'avvocato Nicoletta Piergentili, uno dei difensori di Nicola Mancino, ha sollevato dopo che la Corte d'Assise di Palermo ha negato la presenza degli imputati all'audizione del capo dello Stato. Una mossa abile quella del legale, che ieri è stata confermata da Massimo Krogh, altro difensore dell'ex ministro.



«L'eccezione di nullità è una mina vagante - ha spiegato il penalista - Potrebbe esplodere alla fine del processo se andasse male per gli imputati. Ci riserviamo di farla valere». Nella stessa maniera sembra pensarla il difensore di Totò Riina, l'avvocato Luca Cianferoni, che potrebbe tentare di percorrere una strada simile, con un esito tutto da valutare.

Per fare valere la nullità, Piergentili si è appellata all'articolo 178 del Codice di procedura penale, in particolare al terzo comma dove è prescritto l'intervento, l'assistenza e la rappresentanza dell'imputato e delle altre parti private. Pena l'annullamento del processo.



L'ORDINANZA

La questione ruota intorno all'ordinanza con la quale il presidente della corte d'Assise, Alfredo Montalto, nell'ammettere la testimonianza di Napolitano ha fatto cenno all'articolo 205 del Codice di procedura penale, che fissa il luogo della deposizione nella sede in cui il presidente esercita le funzioni di capo dello Stato. Non esistendo però norme che disciplinino le esatte modalità della deposizione, Montalto ha applicato per analogia l'articolo 502, che regola la testimonianza di chi sia impossibilitato a comparire personalmente in aula: norma in cui è previsto che se uno degli imputati fa richiesta di assistere all'udienza, l'istanza dovrà essere accolta dalla Corte. In questo caso, però, è andata diversamente, perché è stata riconosciuta una sorta di immunità alla sede del Quirinale. Così come garantito dalla stessa Costituzione che impedisce l'accesso delle forze dell'ordine al Colle.



La presenza dei boss, invece, è stata esclusa perché prevista solo per le deposizioni in aula. E visto che né Riina né Bagarella sono presenti fisicamente al processo - ha concluso Montalto - «è ancora più evidentemente incompatibile la presenza degli stessi nella sede del Quirinale. Né, in assenza di norme specifiche, potrebbe farsi ricorso alla partecipazione a distanza, poiché questa è prevista solo per le attività svolte nelle aule d'udienza».



LA PROCEDURA

Bisognerà aspettare la sentenza di primo grado. Solo dopo e, qualora Mancino venga condannato, i suoi difensori chiederanno la nullità del processo - una nullità di ordine generale - rappresentandola nei motivi del ricorso di Appello. Se i giudici di secondo grado dovessero respingerla, si andrà avanti. Dopo l'Appello, un nuovo ricorso sulla nullità potrà essere presentato in Cassazione.



A questo punto, se verrà accolto, gli ermellini rinvieranno al primo grado, e da lì si dovrà ricominciare. Un'ipotesi che atterrisce i pm di Palermo. Quanto alla testimonianza di Napolitano, andrà accertato fino a che punto le sue dichiarazioni abbiano avuto peso nel processo e, solo dopo una valutazione di questo tipo, verrà presa un'eventuale decisione di nullità.