L'emergenza povertà tra i bambini italiani

di Paolo Siani*
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Sabato 22 Novembre 2014, 23:14 - Ultimo aggiornamento: 23 Novembre, 00:29
Fa quasi impressione dirlo ma i bambini italiani non sono tutti uguali di fronte all’articolo 32 della Costituzione che tutela il diritto alla salute. E purtroppo la regione nella quale sono nati e vivono "fa la differenza" dal punto di vista della qualità delle prestazioni di assistenza sanitaria offerte.



Una differenza e una diseguaglianza cha valgono, purtroppo, anche nel campo dell’assistenza sociale o dell’istruzione. Forse si ignora che la “malattia” che crea i danni più gravi a un bambino e che si trasmette dai genitori ai figli è divenuta ormai la povertà, perché comporta un altissimo rischio di esclusione sociale e condanna in modo quasi ineluttabile una parte consistente della popolazione a un destino di marginalità in grado di determinare per la società un carico di povertà e di devianza che può minare qualsiasi possibilità di sviluppo economico e sociale dell’intero Paese.



Sono considerazioni amare ma, ahimè, considerazioni frutto esclusivamente dei dati sempre più allarmanti elaborati dall’Acp - Associazione culturale pediatri italiani (che raccoglie oltre 2500 pediatri in tutto il Paese suddivisi in 35 gruppi territoriali) incrociando gli studi dell’Istat sulla povertà in Italia e quelli del Rapporto di verifica dei livelli essenziali di assistenza curato dal ministero della Salute.



In Italia vivono in situazione di povertà relativa quasi due milioni di minorenni, pari al 17,6% di tutti i bambini e gli adolescenti. Il 7% dei minorenni vive in condizioni di povertà assoluta, pari a 723.000 persone di minore età. Una situazione per altro molto diversa a seconda del luogo di nascita. La quota di povertà assoluta è del 10,9% nel Mezzogiorno, a fronte del 4,7% nel Centro e nel Nord del Paese. Ma il dato che più di altri ci aiuta a individuare il fallimento delle politiche sinora adottate è quello relativo al rischio di povertà ed esclusione sociale per i bambini e gli adolescenti che vivono in famiglie con tre o più minorenni: un rischio pari al 70% nel Mezzogiorno a fronte del 46,5% a livello nazionale.



Fa bene, quindi, ribadire a tutti che la povertà produce cicatrici precoci nello sviluppo cognitivo del bambino, che restano poi visibili per tutta la vita. Ed allora bisogna intervenire e bisogna farlo con interventi concreti di lunga durata e di ampio respiro, senza parole o promesse, senza finanziamenti sporadici a pioggia, ma con programmi di intervento chiari, organici e valutabili perché l’investimento sul capitale umano è l’investimento più produttivo che possa fare un Paese per il proprio futuro, anche da un punto di vista economico. Per questo l’Acp insieme alle istituzioni scientifiche e accademiche de “Il Sabato delle idee” e al Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza, Vincenzo Spadafora, vuole lanciare un appello al premier Renzi per un tavolo programmatico che, con l’ausilio di tutte le realtà che operano nell’assistenza e nell’educazione per l’infanzia, possa dare vita ad un “Piano Infanzia”.



Un piano strategico che abbia l’obiettivo di ‘adottare’ sin dalla nascita i neonati delle famiglie a rischio psicosociale, creando un sistema organico di politiche sociali, sanitarie e di istruzione che possa garantire quell’effettiva eguaglianza tra i minori di tutto il Paese oggi fortemente compromessa dal grande squilibrio economico. Perché se la classe dirigente di questo Paese non modifica l’approccio verso i temi dell'infanzia e dell’adolescenza sostituendo l'atteggiamento quasi caritatevole che ha avuto sinora con un’azione organica di lungo periodo, consegneremo alle future generazioni un Paese socialmente disintegrato e responsabile di essere rimasto indifferente nei confronti di una parte rilevante e strategica del proprio capitale umano.



* Presidente Associazione culturale pediatri italiani