Caduto dal quinto piano a Milano, Domenico non si è suicidato

Caduto dal quinto piano a Milano, Domenico non si è suicidato
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Lunedì 11 Maggio 2015, 12:24 - Ultimo aggiornamento: 13 Maggio, 08:30

La tragica fine di Domenico Maurantonio, il ragazzo di 19 anni trovato morto ieri nell'hotel dove era ospite con i compagni di liceo in visita all'Expo, è ancora senza un perché.

Lo ha confermato la polizia, che indaga su «tutte le ipotesi». Una di queste, il suicidio, viene però ritenuta «quella meno probabile» perché non ci sono elementi che portino a pensare che Domenico avesse dei problemi. Si cerca di capire anche l'origine di alcune echimosi sul braccio del ragazzo, non riconducibili alla caduta.

Al vaglio ci sono le testimonianze degli amici, le immagini delle telecamere e delle impronte vicino alla finestra. Il ragazzo, che era nato l'1 marzo 1996 a Padova, frequentava il liceo Ippolito Nievo, uno dei più noti della città veneta. A Milano, nel primo pomeriggio di ieri, è giunto il padre sconvolto. Sotto choc anche i compagni di scuola, come lui ospitati nell'hotel Da Vinci, in via Senigallia, alla Comasina, che ieri mattina non l'hanno visto scendere a far colazione e si sono preoccupati per primi della sua assenza.

Secondo quanto spiegato le impronte sono state trovate nei pressi della finestra da dove sarebbe precipitato il giovane, e sono in corso gli esami dattiloscopici per attribuirle con esattezza.

Si visionano anche le telecamere dell'impianto di videosorveglianza, e sono stati sentiti e risentiti compagni e professori, oltre al padre arrivato ieri da Padova, dove il ragazzo viveva. Tutti hanno peraltro confermato che Maurantonio non aveva problemi personali particolari, non faceva uso di droghe nè di alcol in modo smodato. L'altra sera i compagni avevano bevuto un po', ma in modo non diverso da quanto avviene abitualmente durante queste gite.

Se l'ipotesi del suicidio si allontana, quindi, rimangono quelle dell'incidente e quella del coinvolgimento esterno, sulla quale, però, al momento, secondo gli inquirenti non ci sarebbero elementi. Vero che ieri, durante l'ispezione cadaverica del medico legale, sono emerse delle macchie compatibili con dei lividi e non con la caduta, ma la natura di queste «è ancora tutta da vedere». Servirà l'autopsia, insomma, per chiarire se quelle macchie siano o meno dei lividi dovuti a una stretta o magari segni precedenti alla morte, che si colloca, in via provvisoria, dopo le due di notte e prima delle 7 di domenica.

Intanto al liceo Nievo ragazzi e docenti hanno osservato un minuto di silenzio questa mattina. «Di una cosa siamo certi tutti - ha detto il dirigente scolastico Maria Grazia Rubini rivolgendosi ai ragazzi - quel volo nel vuoto non è stato il risultato di un gesto volontario. Dobbiamo aspettare che la magistratura faccia chiarezza- ha continuato - ma di certo ci dobbiamo stringere assieme come una famiglia e non possiamo permettere a nessuno di parlare di ipotesi e scenari del tutto infondati e incompatibili con Domenico che, come tutti possono confermare, era un ragazzo tranquillo, maturo e affidabile». Venerdì arriverà a scuola uno psicologo per aiutare i ragazzi a superare il trauma.

L'appello del vescovo. «Chi sa qualcosa parli!», è l'appello del vescovo di Nuoro, monsignor Mosè Marcia, che sentito da Radio Vaticana, in merito alla morte dello studente Gianluca Monni, il 19enne di Orune ucciso venerdì mattina, ha sottolineato inoltre che «la gente è più che consapevole di ciò che è avvenuto. Però il problema è che a questi giovani, noi adulti non stiamo dando nessun valore, non stiamo dando loro il rispetto per la vita, le speranze per andare avanti. Non è una comunità disperata, è una comunità affranta, ma è anche una comunità che gioca con le armi: ci sono troppe armi in giro». Sul fenomeno delle armi il vescovo precisa che «in questa parte della Sardegna è ancora forte. Non sono armi che si possono trovare nel mercato libero, qui si parla di armi pesanti che vengono usate solo in guerra. Nelle case, nelle abitazioni, nelle famiglie ci sono. Il fatto è questo: un diciannovenne ucciso da altri che non sono certamente anziani, sono altri giovani. Che senso hanno della vita se la giocano così, se la tolgono così?». «Chi sa qualcosa parli. La questione è che è una società abbandonata da tutti, lasciata a se stessa e poi da questa società si pretende che si viva in un consorzio civile - ha aggiunto il vescovo - ma se il consorzio civile l'ha abbandonata come pretende di farsi avanti e usare le logiche della società civile?». Per il vescovo «c'è l'abbandono del territorio da parte delle istituzioni. Dove sono? E laddove ci sono stanno sparendo. Con la scusa che non ci sono soldi si abbandona. Io mi sono permesso, qualche mese fa, di dire al presidente della Regione: stiamo attenti, state attenti che se si ritirano le istituzioni, poi ritorna il concetto che la giustizia me la faccio da me. E non c'è più rispetto della persona, anche da parte delle istituzioni. Che cosa fa la Chiesa? Io, Chiesa, che cosa faccio per questi giovani? Non riesco a fare nulla, non riesco a fare granchè tenendo presente che questi giovani poi nel territorio non ci sono, vanno a cercare lavoro fuori».

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