Ferrulli, la motivazione dell'assoluzione: violenza fu necessaria per fermarlo

Michele Ferrulli
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Mercoledì 1 Ottobre 2014, 17:48 - Ultimo aggiornamento: 2 Ottobre, 15:41

Non vi fu alcuna violenza gratuita durante le manovre di arresto di Michele Ferrulli, il 51enne morto per un infarto il 30 giugno 2011 mentre quattro agenti lo stavano ammanettando in via Varsavia a Milano.

Lo affermano i giudici della prima corte d'assise nelle motivazioni alla sentenza con la quale il 3 luglio hanno assolto Michele Lucchetti, Roberto Stefano Piva, Sebastiano Cannizzo e Francesco Ercoli dalle accuse di omicidio preterintenzionale e falso.

Secondo la corte, i poliziotti hanno agito in modo legittimo colpendo Ferrulli solo per vincerne la resistenza durante l'ammanettamento. «La condotta di colluttazione - afferma il presidente della corte Guido Piffer, che ha scritto le motivazioni - è tipica solo se interpretata come condotta di ''percosse''. In realtà non fu usato alcun corpo contundente, la condotta di percosse consistette nei soli ''tre colpi'' e ''sette colpi'' (dati in modo non particolarmente violento); tale condotta fu giustificata dalla necessità di vincere la resistenza di Ferrulli a farsi ammanettare; si mantenne entro i limiti imposti da tale necessità, rispettando altresì il principio di proporzione».

I quattro poliziotti sono stati assolti dalle accuse di cooperazione in omicidio preterintenzionale e concorso in falsità ideologica con la formula «perché il fatto non sussiste». Nei loro confronti il pubblico ministero Gaetano Ruta aveva chiesto la condanna a 7 anni di reclusione, sostenendo che quando sono intervenuti in via Varsavia in seguito a una chiamata al 113 per disturbo della quiete pubblica, una volta bloccato il 51enne che ubriaco faceva chiasso insieme a due amici rumeni per strada, lo avrebbero picchiato concorrendo a determinarne il decesso dovuto a «un attacco ipertensivo, che ha causato un arresto cardiocircolatorio seguito da edema polmonare, anche perché il cuore di Ferrulli di 700 grammi era troppo piccolo rispetto alla mole del suo corpo, che pesava 147 chilogrammi».

Secondo la corte però l'istruttoria dibattimentale ha stabilito che quella sera i quattro poliziotti della volante Monforte bis hanno agito correttamente nel corso dell'ammanettamento di Ferrulli e che non è detto nemmeno che la ruvidezza delle manovre di ammanettamento abbia concorso a scatenare l'infarto, per cui non possono esserne ritenuti responsabili. Nelle motivazioni appena depositate spiegano, infatti, che il dibattimento «ha dimostrato l'infondatezza della contestazione del reato», perché gli agenti hanno tenuto una condotta di «contenimento», che era «giustificata dalla legittimità dell'arresto». Una «piena legittimità», puntualizzano i giudici, «che ne esclude dunque l'antigiuridicità, il che comporta la non configurabilità dell'omicidio preterintenzionale, anche se si ipotizza l'efficacia concausale della condotta stessa, quale fattore stressogeno, sull'evento morte».

La figlia della vittima. «Non mi aspettavo nulla di diverso di quel che leggo. I filmati sono sotto gli occhi di tutti: mio padre è morto chiedendo aiuto, supplicando i poliziotti di smetterla. D'altronde durante la camera di consiglio durata soltanto un'ora tutti abbiamo visto alcuni giudici popolari nei corridoi fumare e prendere il caffè». Così Domenica Ferrulli, figlia del 51enne morto nel giugno 2011 durante una manovra di ammanettamento, commenta le motivazioni della sentenza con cui la prima corte d'assise ha assolto i quattro poliziotti dalle accuse di omicidio preterintenzionale e falso. «Rispetto le sentenze dei giudici - prosegue - ma sento come gratuite e offensive alcune considerazioni sul mio conto. Sono serena, ma vado a testa alta perche ho fiducia nella giustizia. Ride bene chi ride ultimo». Nel documento il presidente della sezione Guido Piffer afferma che Domenica Ferrulli avrebbe messo in atto un «condizionamento negativo» di alcuni testimoni nel processo con al centro il caso della morte del padre Michele.

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