Marò, l'Italia ricorre alla Corte suprema indiana: senza accuse rimandarli a casa

Il sottosegretario agli Esteri, Staffan De Mistura con Massimiliano Latorre e Salvatore Girone
1 Minuto di Lettura
Mercoledì 15 Gennaio 2014, 08:40 - Ultimo aggiornamento: 16 Gennaio, 08:54
L'Italia ricorre alla Corte suprema indiana e invia una missione parlamentare a New Delhi per cercare di uscire dall'impasse sul caso dei mar e soprattutto per allontanare lo spettro di un rischio pena di morte per i due militari.



Appello urgente. Di fronte all'ennesimo rinvio per la presentazione dei capi di accusa nei confronti di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, Roma ha rotto gli indugi ed ha imboccato la strada di un appello urgente alla massima istanza indiana, organismo che fra l'altro ha sotto tutela i due fucilieri di Marina fino all'inizio del processo per la morte il 15 febbraio 2012 di due pescatori indiani al largo del Kerala.



Il ricorso. Nel ricorso si sostiene che «nel comportamento indiano è configurabile una figura di offesa al massimo tribunale» perché per un anno non è stato fatto nulla di quanto da questo raccomandato. Le indagini non si sono concluse, si dice, il processo non è cominciato, e potrebbe essere applicata una legge antiterrorismo (Sua Act) che non è fra quelle indicate dalla Corte Suprema. L'Italia chiede che «si presentino subito i capi d'accusa senza l'utilizzazione della legge antiterrorismo (SUA Act)», già esclusa dall'Alta Corte del Kerala, o in alternativa che «si autorizzino i marò a rientrare in Italia per attendere i tempi del processo indiano». La Corte Suprema dovrebbe esaminare l'ammissibilità del ricorso «nei primissimi giorni della prossima settimana».
© RIPRODUZIONE RISERVATA