ROMA - Il negoziato c'è, ma non si vede. Un filo diretto corre adesso tra Palazzo Chigi e l'ufficio del primo ministro indiano, Narendra Modi.
In Italia c'è una “cabina di regia”, una specie di “gabinetto di crisi” permanente, che lega attorno alla vicenda dei fucilieri di Marina Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, in un circuito di scambi d'informazione e iniziative, da un lato il governo (Palazzo Chigi e il ministero della Difesa col supporto del ministero degli Esteri, con l'handicap della posizione di fatto vacante di Federica Mogherini proiettata verso il ruolo di “ministro degli Esteri” della UE), dall'altro il Quirinale che discretamente segue ogni sviluppo, giuridico e diplomatico, per “liberare” i marò.
Latorre si trova in Italia dopo l'ischemia del 31 agosto e dovrà tornare in India il 13 gennaio.
La realtà è che l'India ha il coltello dalla parte del manico (Girone è in India, e Latorre e se non rientra a gennaio mette nei guai il compagno). L'approccio italiano oscilla fra la prudenza e la tentazione di esercitare pressioni. Si è parlato anche di un possibile scambio di prigionieri. Latorre e Girone contro 18 marinai indiani catturati su una nave carica di droga. Ma non sarebbe una soluzione onorevole mettere sullo stesso piano due fucilieri del San Marco e 18 “trafficanti”. Roma cerca di non urtare la suscettibilità indiana, al tempo stesso il non alzare la voce ha prodotto finora risultati modesti. L'Italia può far valere in questi mesi il suo esser presidente di turno dell'Unione Europa. Ma anche la nostra presidenza è a scadenza.
L'assegnazione del fascicolo in India al consigliere di Modi per la sicurezza nazionale e ex capo dei servizi segreti indiani, Rajiv Doval, dà un nome e un volto a un possibile interlocutore che in passato ha compiuto “miracoli”. Ma la strada è ancora lunga. Il governo italiano si è convinto che il rebus non si scioglierà per via giudiziaria, ma soltanto attraverso una decisione politica che è in mano ai leader. A Modi e Renzi.