Mafia Capitale, presidente senato Grasso: «Sciogliere Comune? Serve ben altro»

Mafia Capitale, presidente senato Grasso: «Sciogliere Comune? Serve ben altro»
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Venerdì 5 Dicembre 2014, 11:04 - Ultimo aggiornamento: 12:01
«Il Comune di Roma è assolutamente al di fuori di queste tematiche, soltanto alcuni sono coinvolti.Per sciogliere un Comune ci vuole ben altro». Il presidente del Senato Piero Grasso interviene così a margine di un incontro con gli studenti a Roma.

Per l'ex procuratore nazoinale antimafia è «certamente» ragionevolmente possibile che le segreteria di partito non sapessero dei fatti della maxi inchiesta romana «perchè i collaboratori sono quelli che fanno il lavoro operativo».



Nessuna meraviglia. Tuttavia, osserva, «non bisogna meravigliarsi. La mia esperienza con la mafia siciliana mi insegna che per determinate operazioni è necessario coinvolgere tutti gli interessi per gestire gli affari sulla base di omertà, fedeltà e complicità». Il presidente del Senato cita Salvo Lima, l'esponente Dc ucciso dalla mafia che era solito dire: «Non si cala la pasta se prima tutti i cucchiai non sono nella pentola». «Quando tutti gli interessi sono collegati - conclude Grasso - nessuno denuncia gli altri». Ci sono tutti i presupposti per l'aggregazione mafiosa», continua Grasso a margine dell'incontro con gli studenti.



Profitto a ogni costo. «Ormai - rileva - il fine di far profitto ad ogni costo ha superato qualsiasi rito tradizionale di iniziazione della mafia, come la famosa 'punciutà». (il rito della "punciuta", una complessa formula per l’affiliazione formale a Cosa Nostra che definisce in maniera precisa chi p entrato nella consorteria). Secondo il presidente del Senato, «l'area grigia di cui abbiamo sempre parlato come punto di collegamento tra mondo legale e mondo illegale oggi si è resa autonoma assumendo interamente il metodo mafioso. Gli interessi di tutti sono alla base dell'organizzazione».



Senza anticorpi. L'Italia «non ha sufficienti anticorpi per reagire al malaffare, ma ha interiorizzato, assimilato i meccanismi della corruttela» ha continuato Grasso. «Lo scorso 11 novembre - ha ricordato la seconda carica dello Stato- durante 'Ballarò è stato mandato in onda un interessante servizio televisivo sulla criminalità organizzata romana. In quel servizio si parlava di Roma, del suo essere infestata da una criminalità mafiosa di tipo diverso rispetto a quella che siamo abituati a conoscere e a rappresentare, ma che, aldilà delle connessioni -che pure ci sono- con le 4 mafie storiche che conosciamo, ha un'identità di 'metodò con le mafie tradizionali. Questo perché ormai il sistema mafioso costituisce un modello di riferimento che viene replicato in contesti diversi da quello siciliano, calabrese o campano, un modello che della mafia ha tutte le caratteristiche sostanziali tralasciando quelle rituali, quelle folcloristiche come ad esempio l'iniziazione mediante 'punciutà o giuramento».



Disprezzo per la cosa pubblica. «Non per questo però dobbiamo correre il rischio di vedere questi fenomeni solo come criminalità comune o corruzione.
Anzi, questa circostanza -ha concluso Grasso- deve farci riflettere perché suggerisce non solo che il Paese non ha sufficienti anticorpi per reagire al malaffare, ma che ha interiorizzato, assimilato i meccanismi della corruttela, del perseguimento del profitto ad ogni costo, del disprezzo per la cosa pubblica e per l'interesse generale».




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