Mafia Capitale, l'intervento della Corte dei Conti: «Siamo pronti a chiedere i danni»

Mafia Capitale, l'intervento della Corte dei Conti: «Siamo pronti a chiedere i danni»
di Cristiana Mangani
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Venerdì 19 Dicembre 2014, 06:18 - Ultimo aggiornamento: 20 Dicembre, 09:50
Mafia Capitale ha minato non soltanto l'economia ma anche l'immagine della ”res publica” romana. Un danno su cui - assicura il presidente della Corte dei Conti Raffaele Squitieri - «interverremo pesantemente nei limiti delle nostre competenze. Ci occuperemo di recuperare quello che è stato sperperato. Quanto è accaduto a Roma è di una gravità inaudita: il danno, anche in termini di immagine, difficilmente si può misurare».



Che l'intervento della magistratura contabile si affianchi a quello della procura guidata da Giuseppe Pignatone è inevitabile. L'annuncio assume però un maggiore peso se arriva nel corso di un convegno, al Senato, dedicato alla presentazione del volume «il contrasto alla corruzione nel diritto interno e nel diritto internazionale», a cura di Paola Severino, prorettore vicario dell'Università Luiss, e di Angela Del Vecchio, ordinario Luiss di diritto internazionale.



IERI E OGGI

La sala Zuccari, a palazzo Giustinani, è quella delle grandi occasioni: parlamentari e giuristi cui il presidente del Senato Piero Grasso, nel suo indirizzo di saluto, ricorda: «La questione della corruzione in Italia è un fenomeno attuale da decenni, che non ha trovato finora soluzioni efficaci e sistemiche sul piano repressivo e preventivo». L'auspicio è che la politica colga «l'occasione per legiferare nel modo più compiuto e coerente». La domanda posta ai relatori, tra cui il presidente emerito della Consulta, Cesare Mirabelli, è quasi scontata: dopo i recenti scandali Mose, Expo e, da ultimo, Mafia Capitale, la legge anticorruzione del 2012 ha già bisogno di un ”tagliando”?. Paola Severino, ministro della Giustizia ai tempi del varo della legge che porta il suo nome, premette: «dopo tangentopoli, che si legava al finanziamento illecito ai partiti, c'è stata una fase di grande silenzio e anche l'illusione che i mezzi penali potessero bastare da soli a risolvere il problema».



Che non sia così è sotto gli occhi di tutti. Ma, soprattutto, «se ai tempi di tangentopoli la corruzione era apicale e riguardava i vertici di partiti e imprese, oggi - sottolinea - è invece di più basso livello ma più estesa, al punto da far penare di essere diventata endemica. La fedeltà alla pubblica amministrazione ora si tradisce per pochi soldi».



LE NUOVE NORME

La legge del 2012 per la prima volta ha messo assieme la prevenzione (attraverso nuovi modelli di trasparenza e di semplificazione nella Pa) a nuove sanzioni penali. «La legge c'è - afferma l'ex Guardasigilli -. Alcuni fatti sono antecedenti all'entrata in vigore della legge. Inoltre, come ha anche rilevato la banca mondiale, quando si approntano riforme strutturali serve tempo. Bene ha fatto il ministro Orlando ad aver istituito un osservatorio per il monitoraggio delle più recenti riforme. Ma la battaglia contro la corruzione non può essere vinta solo dai giudici. Servono prevenzione, educazione e cultura della legalità».