Terrorismo, minacce Isis a Roma e Milano: due arresti a Brescia

Terrorismo, minacce Isis a Roma e Milano: due arresti a Brescia
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Mercoledì 22 Luglio 2015, 08:15 - Ultimo aggiornamento: 24 Luglio, 11:12

Parlavano di colpire la base militare di Ghedi, nel bresciano, e altri obettivi in Italia i due presunti terroristi arrestati oggi a Brescia. Lo ha detto il procuratore aggiunto di Milano Maurizio Romanelli.

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Il tunisino e il pakistano sostenevano l'Isis sul web e progettavano azioni terroristiche in Italia. Lassad Briki, nato il 12 febbraio 1980 a Kairouan in Tunisia e Muhammad Waqas, nato il 16 agosto 1988 a Gujirat in Pakistan, avevano creato l'account twitter "Islamic State in Rome": sulla piattaforma - spiegano gli investigatori - messaggi minacciosi a firma Islamic State e sullo sfondo alcuni luoghi simbolo, a Roma e Milano.

Minacce all'Italia

«Siamo nelle vostre strade.

Siamo ovunque. Stiamo localizzando gli obiettivi, in attesa dell'ora X». Questi alcuni dei messaggi, scritti a penna, in italiano, arabo e francese, su dei foglietti tenuti in mano e, sullo sfondo, luoghi come il Colosseo, il Duomo o la stazione di Milano.

«O popolo di Roma, avete tre soluzioni, o accettare l'Islam o pagare Jezia o i nostri coltelli (Jihad), a voi la scelta!». È uno dei messaggi postati sull'account Twitter "Islamic States in Rome" che sarebbe stato utilizzato dai 2 presunti terroristi.

In una delle foto postate, come ricostruito dagli investigatori, era stato scritto un giuramento di fedeltà al Califfo dello Stato islamico al Baghdadi. «Dichiariamo la Bay'a al Califfo», era scritto nel biglietto. L'operazione antiterrorismo prende proprio il nome proprio dalla «Bay'a», ossia la fedeltà dichiarata dagli arrestati allo Stato islamico.

Gli arrestati immortalavano anche mezzi della polizia e della polizia locale, fermate della metropolitana, tratti autostradali e bandiere dell'Expo. Nel mirino anche una ditta di alimentari, in particolare ortofrutta, nella quale lavorava il tunisino come addetto alle pulizie. Romanelli ha chiarito però che non c'è mai stato «un pericolo concreto con il passaggio dalle parole all'azione».

Il tunisino Lassaad Briki avrebbe anche postato in rete una foto della spiaggia di Sousse in Tunisia dopo l'attentato delle scorse settimane. Il tunisino era infatti tornato nel suo Paese per incontrare la sua famiglia per il Ramadan e dopo l'attentato si era recato su quella spiaggia.

I due lavoravano come operai in un'azienda della Bassa bresciana. Il pakistano di 27 anni era già residente a Manerbio in provincia di Brescia, dove nei mesi scorsi è stato raggiunto dal tunisino 35enne. Pare che non fossero legati ad alcun gruppo ma che si muovessero da soli. Tra gli obiettivi che avevano identificato c'era anche la stazione ferroviaria di Brescia, anche se le loro mire erano rivolte soprattutto tra Roma e Milano.

Lassad Briki, il tunisino, è celibe e ha una sorella che vive a Milano. Invece Muhammad Waqas, 27 anni il prossimo agosto, oltre a lavorare per una ditta di alimenti faceva l'autista e i suoi genitori e parenti vivono in Pakistan. Entrambi erano in Italia da diversi anni, con regolare permesso di soggiorno. Ancora non è noto, spiegano gli inquirenti, come si siano conosciuti.

Addestramento fai-da-te

I due, spiega il pm Romanelli, pensavano di addestrarsi militarmente «in territorio siriano. Erano consapevoli di non avere un addestramento militare consolidato», anche se è noto che ci sono azioni per le quali non è necesario un addestramento militare.

Intanto seguivano il manuale «How to survive in the west. A Mujahid guide». Intercettati dalla polizia, i due stranieri aspiranti attentatori «parlavano tra loro di addestramento militare per mujaheddin, di un possibile agire terroristico all'interno del territorio dello Stato e di una serie di possibili obiettivi e parallelamente avevano iniziato un'attività di autoaddestramento attraverso la lettura di un manuale in circolazione in rete che contiene indicazioni su come devono comportarsi i mujaheddin nei territori occidentali, come confezionare armi e ordigni in modo artigianale», ha spiegato il procuratore Romanelli. Si tratta di un manuale diviso in capitoli intitolati: "Come nascondere l'identità da estremista, Rotture delle alleanze, Guadagnare soldi, Internet privacy, Allenamento, Armi primitive, Armi moderne, Bombe fatte in casa, Trasportare armi, Cosa succede se sei spiato e hai irruzione, Il Jihad inizia, Scappare per salvarsi".

L'indagine che ha portato al loro arresto, svolta dalla polizia postale di Roma e Milano e dalla Digos e coordinata dal pubblico ministero Enrico Pavone, è cominciata lo scorso aprile, quando il tunisino ha «pubblicato in internet numerosissimi messaggi di sostegno, pubblicità e proselitismo allo Stato islamico e parallelamente di minaccia alle istituzioni statali e ai cittadini italiani».

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