L’insicurezza della Capitale

di Paolo Graldi
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Martedì 30 Giugno 2015, 22:58 - Ultimo aggiornamento: 14 Luglio, 12:14
Sui dettagli del fatto la polizia si rifugia in un prudente «ci stiamo lavorando». Ma è chiaro che alla Squadra Mobile vogliono chiudere il cerchio, mettere le mani sul responsabile, spedirlo in carcere cercando di farcelo restare il più possibile. Una ragazza di sedici anni violentata di sera, in un quartiere centrale, di fronte a palazzo di Giustizia e per giunta da un tipo che ne ha carpito la fiducia spacciandosi per poliziotto, brucia maledettamente sul fronte degli investigatori. Chiudere con successo l’indagine, prima che le piste utili si dissolvano con il passare delle ore, è l’imperativo categorico in Questura. I contorni della drammatica sequenza andranno lucidati quando le testimonianze, che per fortuna ci sono, avranno fornito un quadro chiaro. Si sa che tre amichette avevano trascorso la serata ad un concerto, col permesso dei rispettivi genitori, e s’erano poi spinte verso piazzale Clodio per infilarsi su un autobus e rientrare a casa.



Qui è accaduto qualcosa di imprevisto, qualcosa di maledettamente spiazzante: un uomo, qualificandosi per agente di polizia, quasi certamente un italiano, ha chiesto alle ragazze i documenti, un controllo di routine hanno pensato, e le due che ce li avevano con sé li hanno mostrati. La terza, che chiameremo Angela per celarne la vera identità, ne era sprovvista.



E su questo dettaglio è scattata la trappola: «Dobbiamo fare un controllo in ufficio, deve venire con me», questo pressappoco il discorsetto che lasciava pochi margini ad un eventuale diniego. Ecco allora che Angela, forse impaurita per quell’impaccio non previsto, segue quell’uomo. Si fida, pensa davvero che sia delle forze dell’ordine, lo asseconda in quel breve viaggio a piedi. Poco più in là, forse in un anfratto, un angolo buio, un brandello di prato tra i cespugli è avvenuto il fattaccio, come sempre all’improvviso, l’assalto bestiale, una forza bruta invincibile.



La violenza carnale. Con tutte le orribili modalità che si possono immaginare e che accendono, ora come nel passato anche recente, pesanti interrogativi del genere: ma, questa città, è sicura, è vigilata, è sorvegliata, quanti oggi la controllano specie di notte, particolarmente nelle zone che per le loro caratteristiche paiono più a rischio? Sta il fatto che le due amiche, allarmate per il sospetto tardare della coetanea hanno avuto l’idea, davvero meritevole, di chiamare i genitori per segnalare quel che stava succedendo. Tutto, agli occhi della madre della ragazza sparita, è apparso subito strano tanto che si è precipitata a piazzale Clodio per capirne di più. Secondo una versione non confermata la ragazza tenuta in ostaggio è ricomparsa qualche minuto dopo mentre l’uomo che l’aveva circuita si dileguava non senza essere stato ben visto in volto, elemento questo che potrà dare alle indagini un contributo decisivo.



La ragazza sconvolta è stata accompagnata al Policlinico Gemelli. Alfio Marchini, presidente del Movimento Amo Roma, per primo, torna sul tema dell’“allarme sicurezza nella capitale”, qualcosa, denuncia, vicino allo zero, mentre il leghista Matteo Salvini, con coerenza inossidabile, rilancia, accanto alla scontata solidarietà verso la ragazza, la strada della “castrazione chimica di queste bestie”, seguito sulla medesima falsariga da Giorgia Meloni, Fratelli d’Italia. Si discetta intensamente sui social network utilizzando tutto il possibile armamentario di argomenti che questi casi sollevano: c’è chi se la cava sostenendo che a sedici anni tre ragazze devono stare a casa con mamma e papà e non andare in giro per la città, magari in shorts, e chi se la prende direttamente con i genitori troppo permissivi.



Il fatto è che, tra episodi clamorosi, come l’assalto alla tassista alle sette di mattina da parte di un passeggero impeccabile solo all’apparenza (si è poi scoperto che era plurirecidivo) e episodi passati soltanto per le carte dei commissariati ma non sui giornali e quelli che restano nell’oblio per un malinteso senso della vergogna delle vittime che evitano di denunciare molestie e il resto, il fatto è che la città vive, statistiche a parte, una diffusa inquietudine. Si è detto che la deterrenza rappresentata da controlli sul territorio diffusi, stringenti, sia troppo spesso appannata, invisibile. Certo per mancanza di mezzi e di uomini da dispiegare per costruire una rete di controlli capillari e continui, capaci di ridurre al minimo il livello che chiameremo, a bassa voce e con qualche timore, dell’“inevitabile”.



Nel senso che una metropoli, per sua natura, nasconde sempre insidie difficilmente prevedibili in ogni sua latitudine.
Tuttavia, insistiamo, è la rete dei controlli che richiede uno sforzo di organizzazione e di reperimento delle risorse necessarie, all’altezza dell’esigenza di fornire una sicurezza sul territorio partecipata e integrata. Le tecnologie hanno fornito in tanti casi un contributo formidabile al successo delle indagini. Il fattore umano nella investigazione risente non certo di carenze professionali, che vantano eccellenze, ma semmai di addetti in numero adeguato. Soprattutto in strada, sulla strada, per la strada. Vicino alla gente. Sarebbe già consolante se, nelle prossime edizioni, potessimo dire: eccolo, è lui, l’orco di piazzale Clodio. Tireremmo un bel sospiro e sarebbe anche un severo monito verso i malintenzionati.