Sentenza su cancro da fumo, la moglie:«Così ho sfidato i colossi per difendere il mio Antonio»

di Claudia Guasco
2 Minuti di Lettura
Venerdì 25 Luglio 2014, 09:24 - Ultimo aggiornamento: 10:02
MILANO Mio marito ha provato tante volte a smettere di fumare. Lo diceva tutti i giorni: “Basta, da oggi non fumo pi”. Ma dopo tre o quattro ore non resisteva e si accendeva una sigaretta». Raffaella Scippa è la vedova di Antonio, è stata lei a decidere di sfidare i colossi del tabacco.

Lei è una pioniera in cause del genere. Perché lo ha fatto?

«Ero in metropolitana e un passeggero ha lasciato un giornale sul sedile. L’ho sfogliato e ho visto la fotografia di un uomo morto per un tumore causato dal fumo e risarcito. Mi sono detta: “Proprio come il mio Antonio”».

E’ stata una battaglia difficile?

«Sì, molto impegnativa. Ma i nostri consulenti sono riusciti a dimostrare la vera causa della malattia di mio marito. La diagnosi dei medici del resto non lasciava spazio a dubbi: tumore al polmone provocato dal fumo».

Una dura prova per tutta la famiglia

«E’ stato così improvviso che faticavamo a rendercene conto. Quella di Antonio è stata una morte veloce, due mesi appena, ma sono stati due mesi di grande sofferenza. Ha cominciato a sentirsi male e in ospedale gli è stata fatta una biopsia. Il responso non dava speranze: “Un tumore da fumo, la situazione è disperata”, ci hanno detto i medici. E infatti nonostante la chemioterapia nel giro di tre o quattro giorni il tumore aveva intaccato anche il secondo polmone».

Se fossero comparse prima le scritte sui pacchetti Antonio si sarebbe salvato?

«Ha sempre fumato molto ed è rimasto fumatore per tutta la vita. Le scritte potevano anche fargli effetto, ma non tanto da indurlo a smettere».

Di chi è la colpa per una morte come quella di suo marito?

«Ha colpa chi fuma, ma anche chi produce e vende le sigarette. Le società sono perfettamente al corrente che fanno male».