Cassazione: ridurre le pene ai piccoli spacciatori,
3-4 mila potranno uscire dal carcere

Cassazione: ridurre le pene ai piccoli spacciatori, 3-4 mila potranno uscire dal carcere
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Giovedì 29 Maggio 2014, 16:49 - Ultimo aggiornamento: 30 Maggio, 16:53
Via libera, dalle sezioni unite penali della Cassazione, al diritto dei condannati in via definitiva per spaccio lieve di droga, con la recidiva, alla rideterminazione della pena al ribasso, per effetto di due verdetti, del 2012 e quello recente del 2014, della Consulta sulla legge Fini-Giovanardi.



I supremi giudici - presieduti dal primo presidente Giorgio Santacroce - hanno preso questa decisione, accogliendo un ricorso della procura di Napoli contro la decisione del tribunale, che aveva negato a un condannato recidivo per piccolo spaccio di ottenere il ricalcolo della pena a seguito della sentenza della Consulta che nel 2012 aveva dichiarato incostituzionale la norma della Fini-Giovanardi che vietava la concessione delle circostanze attenuanti prevalenti nel caso di recidivi.



La Cassazione, inoltre, ha stabilito - comprendendo nella sua decisione anche gli effetti del recente verdetto della Consulta che ha ripristinato la distinzione tra droghe pesanti e leggere - che i giudici dell'esecuzione, chiamati al ricalcolo delle pene dei condannati definitivi, dovranno anche tenere conto del fatto che è stato ripristinato il testo della Iervolino-Vassalli, per effetto dell'ultima decisione della Consulta sulla Fini-Giovanardi.



Fuori dal carcere migliaia di detenuti. Per effetto della decisione, spiegano fonti della Suprema corte, «potranno uscire dal carcere migliaia di detenuti condannati per piccolo spaccio, qualora venisse accolta la loro richiesta di revisione del trattamento sanzionatorio». Le stesse fonti preannunciano anche che, in questo modo, «aumenterà di molto il lavoro dei magistrati dell'esecuzione della pena» che nella maggior parte dei casi sono i tribunali e in misura minore le corti d'appello. Sono tra i tremila e i quattromila i detenuti che potenzialmente potrebbero beneficiare della sentenza odierna della Cassazione connessa alla Fini-Giovanardi. È quanto emerge da prime stime indicative provenienti da fonti dell'amministrazione penitenziaria. L'amministrazione penitenziaria sta già provvedendo ad effettuare un calcolo più dettagliato anche se si tratta di un'operazione complessa. Attualmente le persone detenute per spaccio e detenzione di droga, quindi per la sola violazione dell'articolo 73 del testo unico sulle droghe, sono circa 14 mila. Questa cifra sale a 21 mila se si considera il complesso dei reati legati agli stupefacenti. Da queste cifre bisogna isolare la porzione di detenuti impattata dagli effetti della sentenza della Cassazione.



Il verdetto non riguarda i grandi trafficanti. Del verdetto della Cassazione, precisano fonti della stessa Suprema corte, «non si possono avvantaggiare i detenuti condannati in via definitiva per spaccio di droghe pesanti commesso con l'associazione a delinquere». In base alle ultime stime, in carcere ci sono circa cinque mila detenuti per spaccio di droghe pesanti in associazione, e circa nove mila per spaccio di lieve entità. È quest'ultima "platea" che potrà chiedere il ricalcolo della pena ai giudici dell'esecuzione.



«La decisione della Cassazione mette l'Italia al passo con la giurisprudenza di Strasburgo e, insieme alle due sentenze della Consulta, ci mettono più "in regola" con la Carta di Diritti dell'Uomo» dice Giuseppe Maria Berruti, direttore del massimario della Cassazione.



Il dispositivo sul ricalcolo delle pene. Ecco la questione di diritto affrontata dalle sezioni unite penali della Cassazione sulla possibilità, per i piccoli spacciatori recidivi condannati in via definitiva, di ottenere la riduzione della pena per effetto della sentenza n.251 del 2012 della Consulta, anche con riferimento alla sentenza n.32 del 2014 della stessa corte.



«Se la dichiarazione di illegittimità costituzionale di una norma penale diversa dalla norma incriminatrice, ma che incide sul trattamento sanzionatorio - recita la "questione" affrontata dalla Cassazione - comporti una rideterminazione della pena in sede di esecuzione, vincendo la preclusione del giudicato». Nella specie «la questione riguardava gli effetti della sentenza n.251 del 2012, che ha dichiarato l'incostituzionalità dell'art.69, comma quarto, Codice penale, nella parte in cui vietava di valutare prevalente la circostanza attenuante di cui all'art.73, comma cinque, del Dpr n.309 del 1990 sulla recidiva di cui all'art.99, comma quarto, Codice penale».



La «soluzione adottata» dai supremi giudici è «affermativa».

«Con la precisazione che - spiega la nota informativa emessa dalle sezioni unite penali - nella specie il giudice dell'esecuzione, ferme le vincolanti valutazioni di merito espresse dal giudice della cognizione nella sentenza della cui esecuzione si tratta, ove ritenga prevalente sulla recidiva la circostanza attenuante di cui all'art.73, comma cinque, Dpr n.309 del 1990, ai fini della rideterminazione della pena dovrà tenere conto del testo di tale disposizione, come ripristinato a seguito della sentenza Corte costituzionale n.32 del 2014, senza tenere conto di successive modifiche legislative».



In pratica, i condannati definitivi con recidiva per piccolo spaccio, potranno ottenere il ricalcolo della pena per l'incostituzionalità della norma che vietava loro la concessione delle circostanze attenuanti, e inoltre il giudice dell'esecuzione incaricato del ricalcolo dovrà tenere presente della "abolizione" della Fini-Giovanardi nella parte che non distingueva tra droghe leggere e pesanti con effetti di aggravio di pena anche per le ipotesi lievi.
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