Morto in gita a Milano, parlano i compagni: «Ci hanno detto di tacere»

Domenico Maurantonio, morto in gita a Milano
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Martedì 26 Maggio 2015, 23:30 - Ultimo aggiornamento: 28 Maggio, 21:58
PADOVA - Rompono il silenzio i compagni di Domenico Maurantonio, e si difendono dall'accusa di essere «dei traditori» dell'amico: «Noi eravamo i primi a voler parlare - spiega al 'Mattino di Padovà un compagno di liceo del ragazzo morto a Milano - tant'è che quando ci siamo sentiti dare degli omertosi abbiamo preparato una lettera da inviare ai giornali per spiegare la nostra versione e mettere fine alle falsità che stavano uscendo». Ma «da Milano - precisa - la Polizia ci ha dato ordine di non parlare, di non rendere noti particolari delle indagini». Sono parole pronunciate sotto anonimato da uno studente della 5E, la classe di Domenico. «Non vogliamo assolutamente - sottolinea - che Domenico passi come il ragazzo tradito dagli amici. Non è così, lui era uno di noi».



Il giovane aggiunge che lui e i compagni di classe sono stati «collaborativi al massimo con gli investigatori. Ci siamo sottoposti volontariamente al prelievo del dna». Il testimone non può svelare naturalmente nulla di quanto è stato detto negli interrogatori: «abbiamo riferito - sostiene - che neanche noi sappiamo cosa è successo quella notte, non abbiamo visto nè sentito. Abbiamo potuto solo fornire agli inquirenti gli stati d'animo di Domenico che abbiamo percepito nelle ore precedenti la sua morte». Il ragazzo ha confermato la cronologia dei fatti, già nota agli investigatori e uscita poi anche sui media: il rientro in albergo della comitiva verso le 21.30, l'appuntamento nella hall dell'hotel alle 22.30, una pizza ordinata alle 23, mangiata anche da Domenico, e poi la baldoria nelle stanze, fino alle 5 del mattino.



«Alcuni erano alticci - ha raccontato il giovane al quotidiano padovano - altri sobri, nessuno ubriaco. Quando ci siamo addormentati Domenico era in camera e dormiva». Intanto, sempre il 'Mattino di Padovà, riferisce che la preside del Nievo, Maria Grazia Rubini, avrebbe denunciato di aver ricevuto lettere e mail con insulti al limite della minaccia sul caso di Domenico.



Il gruppo su Facebook

Un gruppo dal titolo «Vogliamo verità e giustizia per Domenico Maurantonio» è stato aperto poche ore fa su Facebook. Già quasi 300 le persone che ne fanno parte, amici della famiglia Maurantonio ma anche utenti da tutta Italia che non conoscevano Domenico e sono rimasti colpiti dalla tragica morte del 19enne padovano. Tra i post, diversi sono quelli che chiedono provvedimenti per quei compagni di classe che sanno cosa è accaduto quella tragica notte ma non avrebbero ancora parlato.



Il legale

«Nell'ambito dell'indagine difensiva fatta per conto della famiglia appare che ad un certo punto tutto si blocca intorno alle 5. I ragazzi che ho sentito ricostruiscono i fatti fino ad un certo punto, poi tutto si ferma perchè tutti fanno dell'altro. Una ricostruzione che proprio non sta in piedi». Lo afferma l'avvocato Eraldo Stefani, il legale nominato dai genitori di Domenico.



«I ragazzi - aggiunge - danno la percezione di una certa sicurezza a prima vista, in realtà si tratta di una sicurezza solo apparente, indice di fragilità, per lo più perchè quell'albergo ha una modesta insonorizzazione.
Questo significa che è inverosimile che nessuno abbia sentito nulla». «La mia preghiera - torna a dire Stefani - è che questi ragazzi portino il più possibile a completezza le loro narrazioni, perchè ogni giorno che passa getta ulteriori ombre su questa vicenda». Stefani svela un'altra circostanza. «Sempre nell'ambito delle indagini difensive ho scoperto che la classe si è incontrata fuori dalla scuola in un ambiente privato subito dopo la tragica gita. Di certo in questa indagine devono essere 'attenzionatì i ragazzi, ma anche i professori, la scuola nel suo insieme, le istituzioni al di sopra della scuola e i genitori dei ragazzi».