Vizi nazionali/Il caso Milano è l’ultima trincea dei benaltristi

di Giuliano da Empoli
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Venerdì 10 Aprile 2015, 22:44 - Ultimo aggiornamento: 11 Aprile, 13:34
L’enciclopedia digitale Wikipedia è tradotta in 288 lingue. Eppure la voce “benaltrismo” esiste solo in italiano. Sarà che solo da noi l'abitudine di ricercare sempre un po' più in là le cause dei problemi ha raggiunto la dignità di una vera e propria corrente di pensiero: un -ismo, come il marxismo o il fascismo. Un’ideologia molto comoda, che permette di non affrontare mai le questioni concrete, allargando il discorso fino a raggiungere dimensioni cosmiche e ridicolizzando qualunque sempliciotto si illuda di poter ragionare sulle soluzioni a portata di mano. Negli scorsi giorni i fatti tragici di Milano hanno offerto ai professionisti del benaltrismo una nuova opportunità di esercitare i loro (considerevoli) talenti. C’è sì qualcuno che ha provato a concentrare l’attenzione sulla paurosa débâcle dei sistemi di sicurezza del Tribunale di Milano, nel tentativo di individuare le responsabilità e di fare in modo che casi del genere non abbiano a ripetersi. Agli occhi dei nostri benaltristi, però, si tratta di poveri ingenui, gente capace solo di guardare il dito, anziché la luna sulla quale bisognerebbe soffermarsi. Chiaramente, la natura della luna varia a seconda delle categoria di appartenenza del benaltrista. Secondo il presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati, il gesto di Giardiello ha un «valore simbolico» che nasce dal fatto che ultimamente i giudici sono stati lasciati soli. In pratica, l’omicida non avrebbe agito solo mosso da un raptus di follia, ma anche in un clima di «sottovalutazione del ruolo, di svalutazione dei magistrati».



È quanto afferma Gherardo Colombo, storico componente del pool di Milano, comprensibilmente provato dall’accaduto. Peccato che questa tesi ardita non tenga in alcuna considerazione l’uccisione dell’avvocato e dell’imprenditore abbattuti insieme al giudice Ciampi. E peccato anche che distolga l’attenzione dal fatto che la sicurezza interna del tribunale è di competenza del procuratore generale, cioè di un magistrato.



Nel frattempo, su Facebook è comparsa la pagina «Claudio Giardiello vittima dello Stato» nella quale si sostiene che il pluriomicida sarebbe in realtà la preda (incolpevole?) di uno Stato «che ti strozza e ti tagliuzza con tasse assurde portandoti via tutto e cercando di rinchiuderti in una gabbia». Sulla pagina si leggono molti commenti indignati per l’iniziativa, ma anche centinaia di entusiastiche adesioni. Contemporaneamente altri acuti osservatori sono impegnati, su internet e talvolta in televisione, a spiegare che la radice del problema sta nel «clima di insicurezza generale», nelle «derive del neoliberismo» o perfino nella «caduta del principio di autorità».



Tutto pur di non parlare del fatto in sé, nella sua tragica semplicità.
Tutto pur di trasformarlo nell’ennesimo capitolo di un’interminabile guerra di trincea ideologica. È il fascino del benaltrismo: uno dei pochi -ismi sopravvissuti al crollo delle illusioni del Novecento. Un pensiero debole ma inclusivo, che combina il piacere dell’indignazione con l’ebbrezza dell’irresponsabilità. E permette di lasciare sempre le cose esattamente come stanno.