Casa al Colosseo, i giudici: «Scajola non sapeva»

Scajola e la casa al Colosseo
3 Minuti di Lettura
Martedì 11 Marzo 2014, 16:11 - Ultimo aggiornamento: 12 Marzo, 21:05

Claudio Scajola era inconsapevole che Diego Anemone avesse concordato con le sorelle Papa, proprietarie dell'immobile vicino al Colosseo, le modalit dell'ulteriore pagamento. Lo si legge nelle motivazioni della sentenza di assoluzione.

«A sua insaputa». Di conseguenza, scrive il giudice di Roma Eleonora Santolini nelle motivazioni alla sentenza di assoluzione di Scajola del 27 gennaio scorso dall'accusa di finanziamento illecito e di proscioglimento, per intervenuta prescrizione, dello stesso Anemone, «non si è trovato nelle condizioni di conoscere il maggior prezzo d'acquisto» dell'appartamento con vista sul Colosseo, in via Fagutale.

Scajola: fine di un calvario. «La verità è una sola. E io l'avevo detta fin dal primo giorno. Non l'hanno avuta vinta, per una volta, coloro che hanno speculato sopra il calvario mediatico giudiziario cui sono stato sottoposto. Il giudice, motivando la mia piena assoluzione, spiega dettagliatamente quanto fossero inverosimili le accuse che mie erano state rivolte. Adesso è ora di voltare pagina», ha commentato Claudio Scajola.

Le motivazioni della sentenza. Nelle 40 pagine di motivazione, il giudice, parlando del caso dell'immobile di 210 metri quadri di proprietà delle sorelle Papa pagato da Scajola 600 mila euro, ma di fatto costato 1,7 milioni di euro, afferma che l'allora ministro dello Sviluppo Economico era convinto di spendere poco più di 600 mila euro. Non a caso - si legge nel provvedimento - al «momento della consegna» della parte eccedente la somma versata da Scajola alle alle sorelle Papa, da parte dell'architetto Angelo Zampolini, uomo di fiducia di Anemone, «Scajola era assente».

Balducci unico referente. Deve osservarsi come dall'esame del complessivo testimoniale escusso in aula sia possibile desumere una estraneità di Scajola in questa vicenda sotto il profilo squisitamente soggettivo». Scrive ancora il giudice di Roma Eleonora Santolini nelle motivazioni alla sentenza di assoluzione di Scajola osservando che l'ex ministro «appare credibile» quando afferma di non aver avuto alcun motivo di parlare con altri del prezzo dell'appartamento «dal momento che il suo unico referente, in ordine all'acquisto del bene, era Angelo Balducci, persona vicina al Vaticano e conosciuta già dal 2000, che si era fatto carico di aiutarlo per la ricerca della casa a un prezzo di circa 600-700 mila euro e poi, in un secondo momento, lo aveva di nuovo avvisato dell'opzione esistente sull'immobile di via del Fagutale da parte del coimputato Anemone».

Ricatto psicologico. Sui motivi per i quali l'imprenditore Anemone versi un milione e centomila euro alle sorelle Papa per l'acquisto dell'immobile vicino al Colosseo «senza che il beneficiario di siffatta elargizione ne sapesse alcunché», il giudice Santolini afferma: «non è inverosimile ipotizzare che Balducci, una volta avuta richiesta da Scajola di aiutarlo a trovare un'abitazione, possa aver pensato, unitamente ad Anemone, di sfruttare positivamente quella situazione, in vista di eventuali richieste di favori da avanzare all'allora ministro. Sicché, appare verosimile che i predetti personaggi, nella previsione di un netto rifiuto di Scajola a fronte di un'offerta di aiuto economico di quella portata, si siano determinati a versare il maggior prezzo di acquisto senza che Scajola ne fosse a conoscenza, ben consapevoli di porlo, a quel punto, di fronte a un fatto compiuto e, conseguentemente, in una situazione di sudditanza psicologica e di condizionamento, a causa delle evidenti implicazioni negative che si sarebbero abbattute sull'allora ministro nel caso in cui la notizia fosse diventata di dominio pubblico».

© RIPRODUZIONE RISERVATA