«Brevettabile un ovulo umano non fecondato», la sentenza della Corte di giustizia europea

«Brevettabile un ovulo umano non fecondato», la sentenza della Corte di giustizia europea
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Giovedì 18 Dicembre 2014, 16:47 - Ultimo aggiornamento: 20 Dicembre, 15:52

Un ovulo non in grado di svilupparsi in un essere umano può essere, in linea di principio, oggetto di brevetto a fini industriali o commerciali. Lo ha stabilito la Corte di giustizia dell'Unione europea, secondo cui per poter essere qualificato come 'embrione umanò, un ovulo umano non fecondato «deve necessariamente avere la capacità intrinseca di svilupparsi in essere umano».

Di conseguenza, «il solo fatto che un ovulo umano attivato per partenogenesi inizi un processo di sviluppo non è sufficiente per considerarlo un embrione umano».

Il caso rimanda a una sentenza del 2011, in cui la Corte di giustizia europea ha dichiarato che l'uso delle cellule staminali embrionali per la ricerca scientifica non può essere brevettato per motivi di dignità umana.

Ma la britannica Stem Cell Corporation ha sostenuto che la sentenza non si debba applicare agli embrioni che non possono svilupparsi in esseri umani. La direttiva comunitaria del 1998 sulla protezione giuridica delle invenzioni biotecnologiche prevede invece che non sono brevettabili le utilizzazioni di embrioni umani a fini industriali o commerciali. Ma la sentenza di oggi della Corte di giustizia della Ue stabilisce che un organismo non in grado di svilupparsi in essere umano non costituisce un embrione umano ai sensi della direttiva.

LE REAZIONI

Una decisione «positiva perchè apre a un maggiore raggio di azione per la Ricerca, ma dovranno essere i ricercatori a valutare l'effettivo beneficio di questo tipo di pronuncia». Lo afferma il segretario dell'Associazione Luca Coscioni per la libertà di Ricerca, Filomena Gallo, commentando la sentenza della Corte di Giustizia Ue secondo cui un ovulo umano manipolato ma non fecondato può essere brevettato a fini industriali. «Si tratta di una decisione positiva ai fini della Ricerca perchè - spiega Gallo - con la attuale direttiva comunitaria di riferimento, ovvero la direttiva sulla protezione giuridica delle invenzioni biotecnologiche, si era giunti a dire che nulla è brevettabile. Al contrario, tale decisione della Corte Ue fa chiarezza e dice che, pur utilizzando una parte del corpo umano, quel prodotto della ricerca così ottenuto è brevettabile». È dunque un passo avanti «positivo, che permetterà eventuali maggiori investimenti in Ricerca, anche se - conclude Gallo - dovranno essere sempre i ricercatori a valutare le possibili applicazioni pratiche derivanti da tale decisione».

IL BIOETICISTA

È abnorme brevettare qualcosa che deriva dalla manipolazione del corpo umano», secondo Francesco D'Agostino, presidente emerito del Comitato nazionale per la bioetica, che commenta la decisione della Corte di giustizia europea secondo la quale un ovulo umano manipolato, non in grado di svilupparsi in essere umano, può essere in linea di principio brevettabile.

D'Agostino precisa che qualcosa per essere brevettabile deve passare attraverso un procedimento tecnologico e deve essere frutto d'ingegno. «Tecnicamente quindi - spiega D'Agostino all'Adnkronos Salute - se si manipola geneticamente un ovocita all'interno di una ricerca possiamo parlare sicuramente di frutto di ingegno ed è possibile chiedere il brevetto. Il problema è che brevettare qualcosa che deriva dal corpo umano è assurdo, rischia di creare discriminazione tra le persone e contenziosi».

Una considerazione che prescinde «dalle critiche che si potrebbero fare sulla ricerca scientifica legata alla manipolazione degli ovociti», precisa D'Agostino. In questo caso, «il problema della brevettabilità di ovociti manipolati a fini non procreativi» è quello di consentire il copyright su «parti del corpo umano, che apre scenari terribili».

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