Bando per servizio civile, giudice dà ragione a 4 immigrati esclusi: hanno diritto a partecipare

La ministra Kyenge
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Martedì 19 Novembre 2013, 19:04 - Ultimo aggiornamento: 20 Novembre, 13:54
MILANO - Non bastata la sentenza di un giudice che gi quasi due anni fa aveva sanzionato il comportamento discriminatorio da parte dello Stato, ma ce n' voluta un'altra sulla stessa linea. E questo perchè quando, poco più di un mese fa, è stato pubblicato un nuovo bando per cercare volontari disponibili al servizio civile è stata inserita ancora una volta quella clausola che impediva agli stranieri residenti in Italia di partecipare. Così oggi è toccato nuovamente alla magistratura intervenire con un'ordinanza per imporre agli uffici competenti della Presidenza del Consiglio di riaprire il bando per l'accesso anche degli immigrati regolari.



«Bene la decisione del Tribunale di Milano. Accolgo la loro richiesta, nell'ambito delle mie funzioni e nel rispetto delle leggi»: così il ministro Cecile Kyenge ha commentato la richiesta del Tribunale di Milano di aprire ai ragazzi stranieri il servizio civile. Parlando a margine della presentazione del film-reportage 'Badamì al Nuovo Cinema L'Aquila, il ministro ha precisato che il Bando di quest'anno «è stato aperto nel rispetto delle leggi» ma ora «vedremo gli sviluppi di questa decisione del giudice di Milano». E comunque «è un bel passo per me, vuol dire che si riconosce l'importanza di un certo percorso. Al di là della riforma del servizio civile, un tribunale si è pronunciato e questo verrà sicuramente guardato con attenzione dal mio ministero».





Secondo il giudice Fabrizio Scarzella della sezione Lavoro del Tribunale di Milano, infatti, sulla base dell'articolo 2 della Costituzione deve essere permesso «allo straniero residente in Italia di concorrere al progresso materiale e spirituale della società e all'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale attraverso la sua partecipazione al servizio civile nazionale». A presentare il ricorso, accolto dal magistrato, sono state le associazioni 'Studi Giuridici sull'Immigrazione' e 'Avvocati per Niente Onlus'. E con loro soprattutto quattro giovani stranieri, tra cui un cingalese e una marocchina: residenti in Italia da oltre 10 anni e assistiti dai legali Alberto Guariso e Livio Neri, chiedevano semplicemente di poter presentare la domanda di servizio civile. Tuttavia, il «bando per la selezione di 8146 volontari da avviare al servizio nell'anno 2013 nei progetti di servizio civile in Italia e all'estero», pubblicato il 4 ottobre scorso, era aperto solo ai cittadini italiani. A nulla era servito il fatto che, nel gennaio del 2012, la sezione Lavoro del Tribunale di Milano, in relazione a un precedente bando, avesse stabilito, accogliendo il ricorso di uno studente pakistano, che gli immigrati che hanno il permesso di soggiorno fanno parte «in maniera stabile e regolare» della «comunità» e che quindi anche a loro deve essere riconosciuto il diritto di svolgere il servizio civile. Servizio civile che è anche - scrisse il giudice - un dovere di «solidarietà politica, economica e sociale» nei confronti della «Patria», in cui vivono. Una sentenza, quella del gennaio 2012, richiamata nella sua ordinanza dal giudice Scarzella, il quale spiega inoltre come «il termine 'cittadinò», in relazione alle norme sul servizio civile, «va inteso riferito al soggetto che appartiene stabilmente e regolarmente alla comunità italiana con conseguente illegittimità, per discriminatorietà, dell'art. 3 del bando impugnato» che negava l'accesso agli stranieri. Il servizio civile, infatti, si legge nell'ordinanza, «tende a proporsi come forma spontanea di adempimento del dovere costituzionale di difesa della Patria». Da qui l'ordine del giudice «all'Ufficio nazionale per il servizio civile presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri di cessare il comportamento discriminatorio, di modificare il bando nella parte in cui prevede il requisito della cittadinanza consentendo l'accesso anche agli stranieri soggiornanti regolarmente in Italia e di fissare un termine non inferiore a 10 giorni dalla comunicazione della presente ordinanza per la presentazione delle ulteriori domande di ammissione». L'ordinanza, ha spiegato l'avvocato Guariso, «è immediatamente esecutiva e il ministero non potrà cercare di sottrarsi nuovamente, come ha fatto lo scorso anno, alla sua esecuzione».