«È successo quello che non doveva succedere. Chiedo perdono alla famiglia, ma se vogliono uccidermi sono pronto a dare loro anche il coltello». Sono parole scioccanti e drammatiche quelle pronunciate da Pietro Bottiglieri, l'autista 62enne della Sita, che lunedì mattina ha travolto e ucciso Francesca Bilotti, la studentessa universitaria di Lingue di 23 anni di Giffoni Valle Piana, mentre attraversa a piedi il cancello d'accesso al terminal bus dell'ateneo salernitano.
A raccogliere la testimonianza diretta dell'uomo – che a giugno, dopo 40 anni di lavoro nel mondo dei trasporti, andrà in pensione – è stata l'emittente Liratv.
«Era meglio che restavo a casa a dormire – ha esordito tra le lacrime – così non sarebbe successo nulla». Bottiglieri ricostruisce la dinamica, ormai confermata dalle telecamere di sorveglianza dell'area dove arrivano e sostano ogni giorno decine di bus e migliaia di studenti. «La parte anteriore del mezzo era con la parte anteriore dentro il terminal e con quella posteriore, comprese le due porte scorrevoli, fuori dal cancello. Davanti e dietro di me c'erano altri pullman. Appena il collega si è messo in marcia – ha spiegato – ho iniziato la manovra che consentiva di entrare nel box. La visuale era ridotta perché molti ragazzi erano in piedi e lo specchietto di destra ha la parte inferiore oscurata e non consente una visuale centrale».
Poi l'impatto con Francesca che, in quel preciso istante, stava superando a piedi il mezzo diretta verso le pensiline del terminal. «Poi – ha proseguito – sono sceso subito per andare da lei che respirava ancora. Poi ha esalato l'ultimo respiro. Non è stata colpa mia – ha ripetuto – non l'ho investita. Mi dispiace per la famiglia, anche io ho dei figli. Sono due giorni che non dormo e piango soltanto». E poi, quelle frase che seppur agghiacciante nella sua crudezza, rappresenta appieno il dolore che anche quest'uomo sta vivendo. Anche per lui, da lunedì mattina, tutto è diventato un immenso inferno. «Dopo l'arrivo dei soccorsi, su consiglio di alcuni colleghi, mi sono rifugiato nella biglietteria e lì ho atteso l'arrivo dei carabinieri ai quali mi sono costituito». Poi nel pomeriggio - come hanno raccontato altri colleghi - Bottiglieri si sarebbe recato a Giffoni con l'intenzione di incontrare la famiglia. Ma, una volta arrivato, avrebbe cambiato idea, temendo forse che il suo gesto non sarebbe stato compreso.