Attentato al Museo del Bardo, verifiche sulle accuse al marocchino fermato

Attentato al Museo del Bardo, verifiche sulle accuse al marocchino fermato
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Giovedì 21 Maggio 2015, 01:02 - Ultimo aggiornamento: 01:03
Gli inquirenti milanesi non sanno, allo stato, quale ruolo avrebbe avuto il marocchino Abdelmajid Touil, arrestato su mandato di cattura firmato dalle autorità tunisine, nella strage del Museo del Bardo. E dalle carte a disposizione, infatti, non è chiaro se all'uomo venga contestato, ad esempio, di essere stato uno degli esecutori della strage o di aver fornito un supporto e di quale tipo e da dove. Per questo stanno effettuando approfondimenti e accertamenti e sono in contatto con la Procura di Roma. Nella Capitale, infatti, è aperto un fascicolo d'indagine sulla strage avvenuta in Tunisia e nella quale sono stati uccisi anche quattro italiani. Gli accertamenti dei pm milanesi, dunque, saranno poi trasmessi ai colleghi romani. Da quanto risulta, però, al momento agli inquirenti non è stato messo a disposizione alcun elemento dalle autorità tunisine sul ruolo che avrebbe avuto il marocchino nell'attentato e l'arresto è stato effettuato perchè pendeva un mandato di cattura internazionale. In ipotesi, non essendoci certezze sul punto, è possibile anche che l'uomo sia arrivato in Italia a febbraio dopo aver rinunciato a partecipare alla strage che in un primo momento aveva pianificato con altri. Tutte le ipotesi, dunque, sono al vaglio degli inquirenti. Approfondimenti, inoltre, potrebbero essere richiesti anche dalla Corte d'Appello di Milano, competente per il procedimento di estradizione. I giudici, infatti, hanno la facoltà di chiedere sia integrazioni di atti alle autorità tunisine che gli esiti dei primi accertamenti alla Procura.



I FAMIGLIARI

Secondo i famigliari del marocchino ritenuto coinvolto nell'attentato al museo del Bardo a Tunisi, e arrestato nel Milanese, il giovane sarebbe sempre rimasto in Italia, dove peraltro avrebbe condotto una vita alla luce del sole, andando persino a scuola a imparare l'italiano. Lo sostiene la madre, Fatma, di 46 anni, che a Gaggiano (Milano) ha mostrato alcuni documenti che lo riguardano. Innanzitutto un decreto di respingimento con accompagnamento alla frontiera del questore di Agrigento a carico di tale Abdelmajid Tawil, un «sedicente», datato 17 febbraio 2015. Sulle prime era stato riferito di una intimazione a lasciare il Paese, mentre il documento che la donna ha mostrato obbligherebbe a un «respingimento» coatto alla frontiera, indicando perfino la 'portà: Roma Fiumicino.



Gli accertamenti per stabilire i suoi movimenti, comunque, sono ancora in corso.
Al momento quindi non è chiaro se il giovane marocchino, giunto a Porto Empedocle con un barcone di migranti lo stesso giorno, sia stato effettivamente espulso, se non lo sia stato mai nonostante l'ordinanza o se, come spesso accade, delle difficoltà procedurali possano aver fatto tramutare l'ordinanza di espulsione in un 'intimazionè entro sette giorni a lasciare autonomamente l'Italia. Spesso, infatti, spiegano gli agenti dell'Immigrazione, l'indisponibilità di un volo o difficoltà opposte dal governo del Paese straniero che deve riceve il migrante accompagnato alla frontiera, specie se sedicente quindi senza una nazionalità accertata, possono far tramutare l'espulsione in intimazione a lasciare il territorio nazionale. «Di questi soggetti, poi, quasi sempre si perdono le tracce»
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