Arrestati i jihadisti della porta accanto volevano unirsi ai miliziani in Siria

Arrestati i jihadisti della porta accanto volevano unirsi ai miliziani in Siria
di Cristiana Mangani
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Giovedì 2 Luglio 2015, 05:52 - Ultimo aggiornamento: 09:08
La minaccia terroristica corre sul web, si insinua nelle case, nell'educazione dei figli, e diventa ogni giorno più concreta. L'Italia cerca di correre ai ripari e, ieri, due distinte operazioni di polizia hanno portato all'arresto di una intera famiglia di italiani, e di tre stranieri dediti al proselitismo. In mattinata, a Milano, la Digos ha eseguito le ordinanze di custodia cautelare nei confronti di Maria Giulia Sergio, la lady Jihad nata a Torre del Greco, residente a Inzago, convertita all'Islam con il nome di Fatima Zahra, e di altre nove persone, tra le quali il marito albanese, i genitori e la sorella. Due ragazzi e le loro famiglie. La coppia che parte per combattere al fianco dell'Isis dopo un matrimonio combinato nella moschea di Treviglio, in provincia di Bergamo. E i parenti che a un certo punto decidono di seguire le orme dei figli: si convertono anche loro, vendono i mobili, rinnovano il passaporto e organizzano il viaggio via Skype in Siria. Scrive il gip Ambrogio Moccia nel provvedimento restrittivo, il gruppo rappresenta «una minaccia alla pace, alla sicurezza e all'incolumità pubblica in ambito internazionale». E il ministro dell'Interno Angelino Alfano commenta le due operazioni: «È una giornata importante contro il terrorismo, perché le forze di Polizia e la magistratura hanno duramente colpito cellule che operavano in Italia».



Nelle stesse ore, il Ros dei Carabinieri ha smantellato una cellula qaedista attiva sul web specializzata nella formazione del «terrorista fai da te». L'indagine è stata denominata “Jweb 7”, ed è «la prima nel nostro paese riguardante uno dei forum affiliati ad al Qaeda». In manette sono finiti il tunisino Ahmed Masseoudi, di 29 anni, e il marocchino Abderrahim El Khalfi (37), il primo residente in passato con la famiglia a Guidonia Montecelio (il padre ha prestato servizio all'ambasciata tunisina), e l'altro nella Capitale. Il terzo indagato, già detenuto in Marocco per reati di terrorismo, è il marocchino Mohammed Majene, di 27 anni. Sono tutti accusati di associazione con finalità di terrorismo internazionale.



IL FORUM

All'attenzione dei carabinieri è finito un forum dal nome che è tutto un programma: “i7ur”. Un acronimo arabo che sta per “Ashak al-Hur”, in italiano “Amanti delle vergini”, «denominazione - sottolineano - fortemente simbolica, in quanto le Hur sono le vergini assegnate in Paradiso ai martiri morti in battaglia». È proprio quest'ultimo l'aspetto su cui si sono concentrati gli investigatori. Si tratta del fenomeno, che preoccupa molto gli uomini dell'antiterrorismo, dei cosiddetti “lupi solitari” e dei terroristi “homegrown”. Gli organizzatori del forum facevano leva soprattutto sull'effetto provocato dagli attentati terroristici più clamorosi - fino a quelli recenti in Francia - per enfatizzare l'importanza della «jihad individuale», di cui questi attentati erano un «lodevole esempio». «Viene così riproposta la tesi - sottolineano i carabinieri - secondo cui la scelta migliore per chi vuole compiere la jihad è restare nei Paesi occidentali e compiere atti terroristici, il cui effetto è di gran lunga superiore a eventuali azioni nei teatri di conflitto».



IL MATRIMONIO

Nell'inchiesta di Milano, invece, inizia tutto con un matrimonio, un «martese» in lingua albanese. Due i gruppi familiari coinvolti: 4 italiani e 5 albanesi, più una canadese che ha avuto un ruolo di intermediaria. Cinque persone sono state arrestate, mentre altre 5 sono ancora ricercate e con tutta probabilità si trovano in Siria. Tra i latitanti c'è anche Fatima Zahra che, per abbracciare il Califfato, ha sposato Aldo Kobuzi, coetaneo albanese. Arrestati i familiari della ventisettenne: papà Sergio, mamma Assunta Buonfiglio e la sorella Marianna. Erano in procinto di partire per la Siria ma gli investigatori li hanno bloccati. Volevano raggiungere la figlia nei territori del Califfato, mentre lei aveva già cominciato l'addestramento con le armi.



«Non sono emersi elementi che fanno pensare ad attentati in Italia - ha chiarito il procuratore milanese Maurizio Romanelli - In questa indagine le moschee non hanno un ruolo significativo e non emergono dati sul reclutamento di migranti in Italia. È tutto verso l'estero. È preoccupante il flusso da tutta Europa verso il Califfato».