Vercelli, 26enne si impicca per le continue vessazioni sul lavoro

Vercelli, 26enne si impicca per le continue vessazioni sul lavoro
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Venerdì 18 Settembre 2015, 11:35 - Ultimo aggiornamento: 20 Settembre, 13:04
Si è tolto la vita impiccandosi nella sua camera da letto e ora i genitori di Andrea Natali, 26enne di Borgo d’Ale, paese in provincia di Vercelli, chiedono giustizia. Il ragazzo, infatti, sarebbe stato spinto dai bulli al gesto estremo.



«Me l’avete ucciso, avete ucciso voi il mio Andrea...!», urla il papà. Sembra che il giovane sia stato vittima di vessazioni sul luogo di lavoro filmati e postati sui social network fino a cadere in depressione. Andrea aveva anche denunciato i suoi colleghi alla polizia postale. La Procura di Vercelli ha aperto un nuovo fascicolo di atti relativi, senza indagati e ipotesi di reato. Si aggiunge al fascicolo aperto da oltre un anno per il bullismo. Il fascicolo è stato affidato al sostituto procuratore Ezio Domenico Basso.



Era stato lo stesso suicida, nell'aprile 2014, a presentarsi all'ufficio denunce della polizia postale di Biella e a segnalare una pagina Facebook in cui veniva ritratto chiuso dentro un bidone dell'immondizia o con un sacchetto di plastica in testa. La pagina, triste testimonianza degli scherzi sempre più pesanti di cui era vittima, era stata chiusa e gli atti trasmessi alla procura di Vercelli per competenza territoriale. Nel fascicolo c'è un indagato, un conoscente del suicida che aveva aperto la pagina Facebook.



Le accuse nei suoi confronti sono di violazione della legge sulla privacy e violenza privata. La vicenda aveva causato un forte stato di depressione al ventiseienne, che da oltre un anno non usciva più di casa da solo. Fino alla decisione di farla finita: si è impiccato nella camera al secondo piano della casa dove abitava con i genitori. Ieri i funerali.



«L'ambiente era tranquillo e sereno.
Se avessi visto episodi di bullismo, o di maltrattamenti, sarei intervenuto in prima persona». A dirlo è il titolare della carrozzeria in cui lavorava il ventiseienne suicida. Nella carrozzeria il giovane ha lavorato dal 2008 al 2014, prima di entrare in depressione a causa dei presunti scherzi di alcuni colleghi. «L'ambiente qui è familiare, tipico di un'azienda artigianale di paese - dice all'ANSA il titolare -. Io ho sempre lavorato a stretto contatto con i meccanici. Nella mia carrozzeria c'è gente anche di 50-60 anni, responsabile. Capitava ogni tanto di fare qualche fotografia sul lavoro, che finivano poi su un album di Facebook. Quelle che avevano come protagonista il ragazzo erano due: in una lui era dentro un carrello, nell'altra era seduto sopra un cassonetto. Ma lui rideva, stava al gioco, scherzava con gli altri dipendenti. Negli anni successivi al suo licenziamento mai nessuno è venuto in carrozzeria a lamentarsi o a dire qualcosa sulle immagini pubblicate sul social network. Erano fotografie stupide, goliardiche, come se ne fanno tante in qualsiasi ambiente di lavoro. Foto normali tra colleghi». Le immagini, conferma il titolare, erano state scattate negli anni 2009-2010.