Italiani rapiti in Libia, l'ipotesi: «Sospetti sui trafficanti di esseri umani»

Italiani rapiti in Libia, l'ipotesi: «Sospetti sui trafficanti di esseri umani»
di Cristiana Mangani
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Mercoledì 22 Luglio 2015, 06:13 - Ultimo aggiornamento: 17:32

Una trattativa che si annuncia particolarmente difficile, perché quattro italiani rapiti “nella terra di nessuno”, quale è buona parte della Libia ora, sono una bella gatta da pelare per i nostri servizi di intelligence. La parola d'ordine è «fare in fretta», per evitare che gli ostaggi passino di mano o vengano venduti ai sanguinari dell'Isis. Un canale già sarebbe stato aperto, anche se al momento non ci sono conferme ufficiali.

L'ipotesi più accreditata dai nostri 007 è che i tecnici della Bonatti siano stati sequestrati da una delle tante milizie della galassia criminale che imperversa nel Paese ormai lacerato. Un sequestro a scopo di estorsione, dunque, opera di criminali «comuni», che avrebbe potuto essere anche «un sequestro lampo», se la notizia fosse rimasta riservata. Ieri, una fonte autorevole del paese al di là del Mediterraneo, ha lanciato l'ipotesi che dietro il rapimento ci siano «uno o più trafficanti di esseri umani», una gang di scafisti.

LA DIPLOMAZIA

È l'ambasciatore libico in Italia, Ahmed Safar a dichiarare: «Questi atti criminali vengono di solito risolti pacificamente una volta che i responsabili sono accuratamente identificati. È probabile che dietro il rapimento possa esserci uno o più trafficanti di esseri umani che agisca per rappresaglia contro la missione che punta a individuare le barche che salpano dalla Libia per l'Europa.

Non credo, invece, che ci siano motivazioni politiche per il ruolo svolto dall'Italia nella crisi libica». E aggiunge: «Lo confermano anche le dichiarazioni dell'autista del veicolo sul quale viaggiavano i lavoratori, gli è stato permesso di andarsene quasi incolume, e questo vuol dire che i rapitori non hanno ostentato posizioni radicali o politiche».

Il rappresentante diplomatico libico ipotizza il suo scenario, il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni tiene, però, ad allontanare ogni ipotesi investigativa non confermata, magari diffusa per usi propagandistici. «Sono premature e imprudenti le interpretazioni politiche sul sequestro - dichiara - È difficile capire ora chi siano i responsabili. Si tratta di una zona in cui ci sono dei precedenti, bisogna concentrarsi sul terreno per reperire informazioni».

A poco più di un mese dal rilascio di Ignazio Scaravilli, il medico catanese sequestrato a luglio, in Italia torna l'ansia per altri quattro connazionali nelle mani dei rapitori. I tecnici italiani erano senza protezione, dunque, facile bersaglio di gruppi in cerca di denaro. Secondo fonti militari citate da al Jazeera, i responsabili potrebbero essere miliziani armati vicini a Jeish al Qabali, l'Esercito delle tribù, ostili a Fajr Libya, la fazione islamista che ha imposto un governo parallelo a Tripoli che si oppone a quello di Tobruk, l'unico riconosciuto a livello internazionale.

I RAPPORTI CON LE TRIBÙ

La nostra intelligence conta anche sui contatti che le società italiane hanno stretto con i capi tribali delle aree in cui sorgono impianti e stabilimenti. È proprio grazie a questi che le società hanno potuto continuare a produrre anche nei momenti di maggiore tensione e non è interesse di nessuno che questo equilibrio - basato su accordi sicuramente vantaggiosi per i vari leader locali - si rompa.

«La sicurezza del personale italiano, oltre che degli impianti - sottolinea una fonte - è parte integrante di quegli accordi. E gli accordi, compatibilmente con la confusione del momento, vanno rispettati». In ogni caso, ribadisce, quello che ad oggi si può dire è che «pensiamo a criminali comuni, che hanno fretta di liberarsi del fardello prima che diventi troppo ingombrante». In questo senso, spiega lo 007, può anche essere interpretata l'assenza di una rivendicazione: un silenzio volto a creare le condizioni ottimali per intavolare una rapida trattativa.