Terzani a Saigon: città sotto scacco

Terzani a Saigon: città sotto scacco
di Tiziano Terzani
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Martedì 28 Aprile 2015, 00:06 - Ultimo aggiornamento: 00:18
SAIGON, 28 aprile 1975

In questa città si vive ormai di ora in ora, senza sapere cosa aspettarsi da un momento all’altro. Alle sei e venti del pomeriggio (mezzogiorno in Italia) poco dopo che il generale Duong Van Minh aveva tenuto nel palazzo, dove è stato fino alla scorsa settimana di Thieu, il suo primo discorso da presidente della Repubblica, Saigon ha avuto un assaggio di che cosa potrebbe capitare in drammatiche dimensioni se non verrà presto messo fine a questa guerra con una soluzione politica, che impedisca una battaglia di casa in casa per il controllo della capitale.

Dapprima tre sonore esplosioni come di bombe che cadevano non lontano dal centro, poi un inferno di sparatorie. Dal giardino attorno al palazzo le batterie contraeree hanno cominciato a sgranare le loro cartucciere e dai tetti degli edifici del centro le guardie di sicurezza hanno sparato all’impazzata. C’è stato il panico.

Mentre le sirene annuncivano un immediato coprifuoco, le strade si sono svuotate. La gente si rifugiava nei portoncini, dietro le seracinesche dei negozi e sull’asfalto non rimanevano che le biciclette, le moto, le macchine abbandonate. È durato un quarto d’ora. Era come essere al fronte, il fronte che oramai è a soli cinque chilometri dal centro della città.

LA CERIMONIA

L’installazione del generale Duong Van Minh alla presidenza della Repubblica del Vietnam, o meglio di quello che ne resta, è avvenuta in una breve cerimonia nella sala delle conferenze del palazzo Doc Lap. C’erano senatori, deputati, molti ufficiali dell’esercito. Prima che Minh prendesse la parola con un gesto, in questo momento altamente simbolico, un soldato ha rimosso dal podio di legno il grande sigillo di stile americano con le insegne della vecchia presidenza e l’ha sostituito con l’immagine di un fiore di loto in mezzo alla quale campeggia il simbolo cinese dell’Yin e Yan il simbolo dei contrari che formano l’unità, in parole politiche il simbolo della riconciliazione nazionale. Un altro soldato ha tolto le due bandiere gialle e rosse ai due lati della sala.

La Repubblica di Saigon ha cambiato faccia.

«Il mio compito è chiaro - ha detto Minh - debbo ottenere un cessate il fuoco il più presto possibile e negoziare una soluzione politica per il Sud Vietnam nel quadro degli accordi di Parigi in modo da mettere fine alla guerra e ristabilire la pace. Il mio governo per questo sarà di riconciliazione e di concordia».

Alla fine del suo discorso il generale Minh ha fatto un appello a tutti i vietnamiti perché rimangano nel Paese. «Questa è la nostra terra. È qui che sono sepolti i nostri antenati. È qui che dobbiamo rimanere», ha detto.

Senatori e deputati hanno applaudito. A parole tutto sembrava risolto, ma nessuno si è illuso e la domanda nella mente di tutti era: «Siamo ancora in tempo»?

Avanguardie partigiane dei vietcong sono oramai a cinque chilometri dalla capitale e un attacco contro Saigon è possibile da un momento all’altro.

«Abbiamo perso una intera settimana dalla partenza di Thieu. Chissà se i comunisti non hanno ormai deciso di prenderci con la forza», mi ha detto un deputato della frazione buddista della Camera.

Per un altro giorno e forse più i negoziati non possono cominciare e i vietcong con i loro razzi notturni ed ora con gli attacchi quasi alla periferia mostrano la loro impazienza.

Minh ha nominato alla vice presidenza della repubblica e gli ha conferito poteri speciali per trattare con i comunisti l’anziano presidente del Senato Nguyen Van Huyen, un cattolico rispettabilissimo e noto per la sua opposizione Thieu. COme primo ministro il generale Minh ha designato il capo dell’opposizione buddista a Thieu, Va Van Mau. tocca a lui formare ora il suo gabinetto e fino a quando questo non avverrà nessun passo potrà essere fatto verso i comunisti.

La città ribolle di voci di storie riferite di bocca in bocca e che non possono essere controllate. Stamani alcuni giuravano di avere visto volare a bassa quota sul centro di Saigon due Mig dell’aviazione nordvietnamita.

Altri parlano di alcune migliaia di sabotatori che si sarebbero già infiltrati nel centro e sarebbero pronti ad entrare in azione. Quanto agli americani continua a circolare la voce che stanno per evacuare completamente l’ambasciata e tutti i loro ultimi cittadini (oltre un migliaio) rimasti in Vietnam.

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