Renzo Arbore celebra i 50 anni di Bandiera gialla e racconta: «Come eravamo beat»

Renzo Arbore celebra i 50 anni di Bandiera gialla e racconta: «Come eravamo beat»
di Marco Molendini
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Sabato 18 Aprile 2015, 22:13 - Ultimo aggiornamento: 19 Aprile, 22:12
Renzo festeggia a modo suo. Trent’anni fa, proprio in questo periodo, affrontava la sua più gloriosa avventura, Quelli della notte, programma seminale, formidabile intuizione diventata il simbolo della buona televisione che debuttò il 29 aprile dell’85. Trentatrè puntate che si trasformarono in fenomeno sociale contagioso col suo caravanserraglio di personaggi e tormentoni: i “nanetti” di frate Antonino Frassica, il “non capisco, ma mi adeguo” del romagnolo filosovietico Ferrini, il brodo primordiale dell’intellettuale rassegnato Pazzaglia, gli aforismi della banalità di Catalano, l’arabo Harmand di Andy Lluotto (roba che a farlo oggi l'Isis minaccerebbe fuoco e fiamme), preparodia al dilagare della chiacchiera vana formato video. E Arbore che fa? «Sono renitente alla celebrazione televisiva» si fa scudo.



Possibile che la Rai, in tempi così grami, non abbia insistito per celebrare uno dei fiori all'occhiello della sua storia?

«C’era stato un mezzo pensiero. Ma ho capito che non si può fare, il rischio è scalfire quel ricordo monumentale: Quelli della notte resta il marchio più potente della Rai. Solo con Lascia o raddoppia c’era stata una mobilitazione del genere».



Nella tv attuale c’è traccia di quello che avete fatto?

«Assolutamente no. Nell’intrattenimento c’è il dominio del varietà recitato. Quelli della notte era televisione jazz, basata sull’improvvisazione. Non si è fatta più e forse non si farà più».



Sembra sempre più convinto a tenersi lontano dalla tv.

«Mi diverto con il mio canale personale sul web, un canale carbonaro dove accanto alle mie performance, anche quelle più recenti, ci sono vecchie cose mie, altre che riguardano i miei maestri, chicche artistiche cinematografiche e televisive che fanno parte dei miei gusti. Un lavoro che mi entusiasma e a cui voglio dedicarmi sempre di più».



E i festeggiamenti?

«Festeggiamo durante i concerti dell’Orchestra italiana con le canzoni del programma, Ma la notte no, Vengo dopo il tiggì, Il materasso, scritte con Claudio Mattone. Ma questo è solo un anticipo».



Già, quest’anno per lei c’è la doppia ricorrenza.

«Sono i 50 anni dal mio ingresso in Rai e di Bandiera gialla. Scoccano a ottobre e festeggeremo con una mostra, uscirà un dvd e verrà pubblicato un libro autobiografico che racconta il come eravamo di tutto quel gruppo che cambiò la radio e non solo, da Gianni Boncompagni a Alberigo Crocetta a Piero Vivarelli. È anche un ritratto dell’Italia di quegli anni passata alla storia come era beat».



Bandiera gialla è stato il suo debutto radiofonico assoluto?

«Prima avevo fatto il programmatore di musica anonimo. Il debutto firmato è stato con Le cenerentole, dedicato alle canzoni belle che non avevano avuto successo. Anche in quel primo caso partii dall’idea dell’altro: le altre canzoni, così come ho sempre fatto l’altra tv, diversa da quella ufficiale, e come con l’Orchestra italiana ho scelto di puntare sull’altra canzone napoletana, quella che solo ora viene scoperta dal mondo della cultura partenopea per le sue inimitabili capacità di tenere insieme poesia e melodia».



Sono passati 24 anni da quando l’Orchestra italiana ha cominciato a suonare.

«I nostri maestri e i nostri sostenitori sono stati Roberto Murolo e Renato Carosone. Murolo cantava Reginella nel primo disco, Napoli punto e a capo, e Carosone Pigliate ’na pastiglia nel secondo, Napoli due punti e a capo».



Nei suoi concerti, accanto alla tradizione napoletana, ha spazio anche il songbook italiano più nobile.

«L’intenzione è di recuperare le canzoni eterne che superano stagioni e mode e che, secondo me, meriterebbero attenzione da parte delle istituzioni. Sono un mezzo formidabile per incrementare la simpatia verso il nostro Paese».



Il concerto è collaudatissimo, c’è qualche novità nella scaletta che proporrà stasera alle 18 alla Conciliazione, nuova tappa romana di un tour ormai infinito?

«Il nostro cantante Gianni Conte fa un Nessun dorma che lascia stupefatti, con un arrangiamento di mandolini, mentre una Maruzzella in versione cubana apre il concerto. Ma ogni canzone è il pretesto per raccontare aneddoti e sollecitare il sorriso del pubblico con gag che si rinnovano».
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