Province, 9 miliardi di budget ma tornano a battere cassa

Province, 9 miliardi di budget ma tornano a battere cassa
di Antonio Calitri
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Martedì 11 Novembre 2014, 23:35 - Ultimo aggiornamento: 13 Novembre, 08:57
In attesa dell’abolizione vera delle province, prevista dalla riforma costituzionale approvata in Senato lo scorso agosto, questi enti appena rinnovati con elezioni di secondo livello passate in sordina, continuano a funzionare a pieno regime con un bilancio complessivo tra i 9 e 10 miliardi di euro.

E ora tornano a battere cassa.



La riforma Delrio infatti, le ha tolte dall’attenzione dell’opinione pubblica abolendo l’elezione diretta e l’indennità dei consiglieri ma il grosso resta e funziona proprio come prima e in alcuni casi anche di più. Tanto che dopo che sembravano essere sparite dai radar della politica, nelle ultime settimane sono tornate a chiedere soldi e a minacciare sfracelli.



In audizione alla commissione bilancio della Camera per discutere sulla legge di stabilità dove per le province è previsto un taglio di circa un miliardo di euro di trasferimenti, il rappresentante dell’Upi Daniele Bosone ha denunciato che «le simulazioni operate con riduzioni progressive di 1,2 e 3 miliardi nel triennio sono chiare e indicano l'impossibilità di mantenere alcun tipo di servizio, neanche minimo». Si tratta di strade, edilizia scolastica e trasporto pubblico locale che sempre secondo il rappresentante dell’Upi, «a competenze invariate le province e le città metropolitane non possono corrispondere le somme richieste dalla legge di stabilità, pena la paralisi dei servizi ed il mancato pagamento di spese obbligatorie come mutui e stipendi al personale».



TAGLIO DEGLI STIPENDI

La riforma Delrio ha incominciato a dare i suoi frutti a ottobre quando si sono rinnovati i consigli di 64 province e 8 città metropolitane. Elezioni di secondo livello dove hanno votato i consiglieri comunali di tutti i comuni del territorio provinciale e dove tra questi sono stati eletti 760 nuovi consiglieri provinciali e 162 consiglieri metropolitani. Una riduzione di oltre 1500 poltrone rispetto alla precedente tornata a suffragio universale. In più i nuovi consiglieri e i nuovi presidenti non percepiranno indennità, con un taglio stimato di circa 100 milioni di euro di spese.

Dal punto di vista politico, con il voto di secondo livello, tra il 28 settembre e il 12 ottobre scorso si è creato una sorta di monocolore Pd in tutta Italia, ben oltre il 40% conquistato da Matteo Renzi alle europee.



Per le otto città metropolitane la guida viene attribuita al sindaco del capoluogo e siccome, tranne Napoli, queste sono tutte guidate dal centrosinistra, tutti gli enti più importanti ora sono appannaggio di questa parte politica. Con il centrodestra che ha perso gli ultimi baluardi di Milano, Napoli e Bari. Così come le maggioranza dei consigli provinciali e delle città metropolitane, salvo poche eccezioni, è passata al centrosinistra grazie anche al meccanismo della legge Delrio che prevede il voto ponderato dei consiglieri comunali attribuendo maggiore peso a quello delle città e poi dei comuni più grandi. E siccome il Pd e il centrosinistra hanno maggiore radicamento nei grandi centri, ecco che le maggioranza sono andate tutte a questi.



LA GESTIONE

Province e città metropolitane sono diventate enti quasi fantasma per l’opinione pubblica ma non hanno smesso di gestire il denaro. Tanto denaro e competenze importanti. Le tre principali sono l’edilizia scolastica, il trasporto pubblico e le strade provinciali. Poi ci sono un’infinità di competenze che vanno dal trasporto scolastico al turismo, dalla cultura all’assistenza sociale, dai centri per l’impiego all’agricoltura. Per una spesa totale che nel 2013 è stata di 10,4 miliardi di euro. Solo il 43% però è stato speso per elargire i servizi mentre il 27% è andato in costi del personale. Le entrate invece sono derivate per la parte più grande, 4,7 miliardi di euro da tributi, per 3,6 miliardi da trasferimenti dello Stato, per 1,6 miliardi da alienazioni e per 700 milioni da entrate extratributarie per un totale di 10,6 miliardi di euro con un surplus di circa 200 milioni di euro. Con il riordino delle province, per quest’anno sono previste entrate di circa nove miliardi che comunque rappresentano un tesoretto importante da gestire che ha fatto gola a molti politici.
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