La legge di Stabilità per il 2015 prevede che la dotazione organica delle Province sia ridotta del 50 per cento (del 30 nei grandi centri dove stanno subentrando le città metropolitane). I dipendenti interessati dal processo di mobilità sono circa 20 mila e saranno divisi in quattro grandi gruppi: quelli che hanno i requisiti per andare in pensione entro il 31 dicembre del 2016, sia con le regole della riforma Fornero che con quelle precedenti; quelli che lavorano presso i centri per l’impiego, destinati alla costituenda Agenzia nazionale (che però potrebbe essere sostituita da più strutture regionali); il personale della polizia provinciale ed infine tutti gli altri, il cui sbocco sarebbero le Regioni, in quanto queste assorbono le funzioni dismesse dagli enti provinciali.
L'INCONGNITA DEL VOTO Il punto è che proprio le Regioni, con l’unica eccezione della Toscana, non hanno ancora approvato la legge con la quale deve essere disciplinato il trasferimento delle funzioni. Di conseguenza non è possibile procedere all’individuazione dei dipendenti che dovrebbero spostarsi. Se in Toscana si ipotizza che gli elenchi possano essere messi a punto per la metà di aprile, la situazione è particolarmente critica in Veneto, Liguria, Marche, Umbria, Campania e Puglia, dove tra poco più di due mesi i cittadini andranno al voto per scegliere Consigli regionali e presidenti. L’approvazione della legge potrebbe slittare fino a settembre, e poi servirebbero ancora delle settimane per mettere a punto le liste dei dipendenti.
I LAVORATORI IN BILICO Ma quante persone concretamente sono in bilico? Non è facilissimo dirlo. I lavoratori dei centri per l’impiego, che continuerebbero a svolgere questa funzione a livello nazionale, sono più o meno 8 mila. Poi ci sono circa 3 mila appartenenti alla polizia provinciale, che come emerso nell’ambito della discussione sulla riforma della Pa, al Senato, non possono essere trasferiti nelle forze dell’ordine nazionale a causa delle differenti retribuzioni. Quanto ai pensionabili, il loro numero si aggirerebbe sui 5 mila, ma nel totale rientrano anche lavoratori impegnati in mansioni che continueranno ad essere gestite a livello provinciale. Per cui gli interessati alla mobilità potrebbero essere complessivamente più di 5-6 mila. Un fronte laterale è quello della possibile mobilità volontaria verso le cancellerie dei tribunali e altri uffici giudiziari storicamente bisognosi di personale: il bando del ministero della Giustizia riguarda un migliaio di posti ma è attualmente bloccato da alcune amministrazioni che non concedono il proprio nulla osta.
SINDACATI IN PIAZZA Insomma a un anno dall’approvazione della riforma la situazione è ancora confusa.
Sullo sfondo ci sono le difficoltà finanziarie delle Province: alcune, come Vibo Valentia, non hanno più soldi per pagare gli stipendi e a maggio sarà applicato il taglio di un miliardo previsto dalla legge di Stabilità. In questo contesto le associazioni di rappresentanza degli enti locali, Anci e Upi, spingono per procedere all’elaborazione delle liste di mobilità anche senza le norme Regionale. Mentre sono molto preoccupati i sindacati: per l’11 aprile è indetta a Roma una manifestazione unitaria di Cgil, Cisl e Uil.
© RIPRODUZIONE RISERVATA