Province, la mobilità slitta: mancano le liste dei dipendenti

Province, la mobilità slitta: mancano le liste dei dipendenti
di Luca Cifoni
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Domenica 22 Marzo 2015, 21:48 - Ultimo aggiornamento: 23 Marzo, 21:43
Il momento della verità doveva essere il primo aprile. Entro quella data, secondo la legge di Stabilità, le Province nella loro nuova veste di “enti di area vasta” avrebbero dovuto mettere nero su bianco gli elenchi dei propri dipendenti in esubero, quelli destinati ad essere trasferiti ad altre amministrazioni pubbliche. Ma a una settimana da quella scadenza, c’è già la certezza che non sarà rispettata in nessuna Provincia italiana. Le prime liste per la mobilità potrebbero arrivare verso la metà di aprile, nell’unica Regione (la Toscana) che è più o meno in linea con i tempi previsti. Altrove, e in particolare nelle Regioni in cui a fine maggio si vota, questo passaggio potrebbe slittare fino all’autunno, e con esso verrebbe ritardato tutto il processo di attuazione della riforma messa a punto lo scorso anno da Graziano Delrio, in precedenza ministro degli Affari regionali e oggi sottosegretario alla presidenza del Consiglio.



La legge di Stabilità per il 2015 prevede che la dotazione organica delle Province sia ridotta del 50 per cento (del 30 nei grandi centri dove stanno subentrando le città metropolitane). I dipendenti interessati dal processo di mobilità sono circa 20 mila e saranno divisi in quattro grandi gruppi: quelli che hanno i requisiti per andare in pensione entro il 31 dicembre del 2016, sia con le regole della riforma Fornero che con quelle precedenti; quelli che lavorano presso i centri per l’impiego, destinati alla costituenda Agenzia nazionale (che però potrebbe essere sostituita da più strutture regionali); il personale della polizia provinciale ed infine tutti gli altri, il cui sbocco sarebbero le Regioni, in quanto queste assorbono le funzioni dismesse dagli enti provinciali.



L'INCONGNITA DEL VOTO Il punto è che proprio le Regioni, con l’unica eccezione della Toscana, non hanno ancora approvato la legge con la quale deve essere disciplinato il trasferimento delle funzioni. Di conseguenza non è possibile procedere all’individuazione dei dipendenti che dovrebbero spostarsi. Se in Toscana si ipotizza che gli elenchi possano essere messi a punto per la metà di aprile, la situazione è particolarmente critica in Veneto, Liguria, Marche, Umbria, Campania e Puglia, dove tra poco più di due mesi i cittadini andranno al voto per scegliere Consigli regionali e presidenti. L’approvazione della legge potrebbe slittare fino a settembre, e poi servirebbero ancora delle settimane per mettere a punto le liste dei dipendenti.



I LAVORATORI IN BILICO Ma quante persone concretamente sono in bilico? Non è facilissimo dirlo. I lavoratori dei centri per l’impiego, che continuerebbero a svolgere questa funzione a livello nazionale, sono più o meno 8 mila. Poi ci sono circa 3 mila appartenenti alla polizia provinciale, che come emerso nell’ambito della discussione sulla riforma della Pa, al Senato, non possono essere trasferiti nelle forze dell’ordine nazionale a causa delle differenti retribuzioni. Quanto ai pensionabili, il loro numero si aggirerebbe sui 5 mila, ma nel totale rientrano anche lavoratori impegnati in mansioni che continueranno ad essere gestite a livello provinciale. Per cui gli interessati alla mobilità potrebbero essere complessivamente più di 5-6 mila. Un fronte laterale è quello della possibile mobilità volontaria verso le cancellerie dei tribunali e altri uffici giudiziari storicamente bisognosi di personale: il bando del ministero della Giustizia riguarda un migliaio di posti ma è attualmente bloccato da alcune amministrazioni che non concedono il proprio nulla osta.



SINDACATI IN PIAZZA Insomma a un anno dall’approvazione della riforma la situazione è ancora confusa.
Sullo sfondo ci sono le difficoltà finanziarie delle Province: alcune, come Vibo Valentia, non hanno più soldi per pagare gli stipendi e a maggio sarà applicato il taglio di un miliardo previsto dalla legge di Stabilità. In questo contesto le associazioni di rappresentanza degli enti locali, Anci e Upi, spingono per procedere all’elaborazione delle liste di mobilità anche senza le norme Regionale. Mentre sono molto preoccupati i sindacati: per l’11 aprile è indetta a Roma una manifestazione unitaria di Cgil, Cisl e Uil.
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