Iva, lo stop all’aumento solo per il 2016

Iva, lo stop all’aumento solo per il 2016
di Andrea Bassi e Luca Cifoni
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Giovedì 8 Ottobre 2015, 23:31 - Ultimo aggiornamento: 10 Ottobre, 08:49
Tra i vari nodi da sciogliere della manovra finanziaria del governo, ce n’è uno considerato particolarmente delicato. Un punto su cui le opposizioni hanno già iniziato a rumoreggiare, mentre il Tesoro ha provato a gettare secchiate d’acqua cercando di prevenire il polverone. Il tema è quello dell’azzeramento dell’aumento di due punti dell’Iva che dovrebbe scattare il prossimo primo gennaio. Il cuore della legge di Stabilità del governo, una posta che da sola vale 16 dei 27 miliardi di euro della manovra. Ieri intervenendo in Parlamento, il vice ministro dell’Economia Enrico Morando ha chiarito che il governo ha «intenzione di neutralizzare totalmente per il 2016 le clausole di salvaguardia». Il primo gennaio prossimo, insomma, l’aumento di due punti non scatterà. Ma cosa accadrà nel 2017? Se per quest’anno l’importo da coprire per «neutralizzare» l’aumento dell’Iva è di 16 miliardi, per il prossimo il conto sale a 26,2 miliardi. Soldi che per ora non è possibile reperire. «Bisognerà», dice Morando a Il Messaggero, «che progressivamente ci si lavori». Il problema è come materialmente scrivere la norma che entrerà nella legge di Stabilità. L’ipotesi più gettonata, al momento, è che i 26 miliardi del prossimo anno (che diventeranno 29 nel 2018) possano essere coperti ancora attraverso l’aumento dell’Iva, sommando i due punti «neutralizzati» del 2016 con il punto di aumento già previsto per il 2017.



Questo comporterebbe la nascita di una sorta di super-clausola al cui azzeramento bisognerebbe iniziare a lavorare sin dai primissimi giorni del prossimo anno. Il problema, in pratica, verrebbe spostato in avanti di dodici mesi ed in un certo senso ulteriormente ingigantito. Esattamente come fatto qualche settimana fa con l’aumento delle accise che doveva scattare il primo ottobre. L’aumento è stato «neutralizzato» grazie a 1,5 miliardi dei proventi della voluntary disclosure, il rientro dei capitali dall’estero. Ma trattandosi di una copertura «una tantum», come del resto il maggior deficit che verrà usato per l’Iva, ha solo permesso di spostare in avanti di qualche



LE RISOLUZIONI

Sul tema della voluntary disclosure, intanto, il sottosegretario all’Economia, Enrico Zanetti, ieri ha chiarito che al 30 settembre sono arrivate quasi 55 mila domande, per un incasso di 1,9 miliardi per lo Stato. Zanetti ha accennato anche ad un altro nodo della prossima manovra, ovvero la possibile unificazione tra l’Imu e la Tasi ormai priva della componente abitazioni principali. Una scelta di semplificazione che però il governo sta valutando con attenzione per evitare che ci possa essere anche solo la percezione di un aumento del prelievo.



Camera e Senato hanno intanto approvato le risoluzioni sulla nota di aggiornamento al Def, che non è una legge e quindi viene sottoposta con questa modalità all’esame del Parlamento. Quest’anno, come nel 2014, il passaggio aveva una sua importanza formale perché le Camere erano chiamate ad autorizzare il governo a far slittare al 2018 il pareggio di bilancio, che è un obbligo previsto dalla Costituzione, seppur da perseguire con le modalità concordate con l’Unione europea. Dunque c’è il via libera all’utilizzo della flessibilità, che potrà portare il rapporto deficit/Pil a crescere nel 2016 fino ad un massimo del 2,4 per cento nell’ipotesi che la commissione europea accordi anche l’ulteriore margine legato all’emergenza migranti. Tra le condizioni poste a Montecitorio spicca la richiesta di regole più flessibili per le pensioni, mentre Palazzo Madama ha chiesto la salvaguardia dei livelli essenziali nelle prestazioni sanitarie.
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