Gentiloni: «Contro l’Isis azioni più dure in Siria»

Gentiloni: «Contro l’Isis azioni più dure in Siria»
di Marco Ventura
4 Minuti di Lettura
Sabato 21 Novembre 2015, 12:46 - Ultimo aggiornamento: 15 Novembre, 10:55
La risposta alle stragi parigine? Colpire con maggior decisione l’Isis in Siria e Iraq. L’avanzata del Califfato in Medio Oriente e Nord Africa, le rotte dei foreign fighter, la permeabilità delle frontiere e il controllo dei migranti, il rischio terrorismo a poche settimane dall’inizio del Giubileo, la soluzione della crisi siriana (cuore e motore del califfo Al Baghdadi) sono i problemi che tolgono il sonno al ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, ieri diviso tra il vertice sulla Siria a Vienna e quello a Palazzo Chigi col presidente del Consiglio, Matteo Renzi. I fatti di Parigi non costituiscono una sorpresa. «Il tema di Roma è da tempo nella propaganda» dell’Isis, che Gentiloni preferisce chiamare alla francese, Daesh. «Ricordiamo tutti la bandiera nera sull’obelisco di San Pietro, la copertina di uno dei numeri della rivista di Daesh due anni fa. Ricordiamo nel gennaio scorso, dopo le azioni contro Charlie Hebdo, alcune uscite sui social network jihadisti che indicavano Roma come obiettivo».

LO SCENARIO

Ma, attenzione, questo non significa che la minaccia alla capitale sia imminente e concreta: «La propaganda di Daesh usa Roma più come una metafora, un simbolo, che come obiettivo ‘geografico’, più come un modo per dire combattiamo i crociati. Tuttavia s’impone a tutti i paesi occidentali e musulmani e arabi un incremento di tutti i livelli di allerta e sicurezza, perché ci troviamo di fronte a terroristi pronti a tutto e che come nel caso di ieri puntano a fare una strage, senza più neanche colpire un luogo o una personalità precisi». Certo, la Francia oggi è specialmente nel mirino, come la Russia e l’Egitto. E ciò che avviene in Europa si riflette su quanto avviene nei campi di battaglia in Siria, Egitto, Libia…



In attesa di un identikit esauriente dei terroristi di Parigi, e di stilare un raffronto con gli attentati precedenti, per esempio a Charlie Hebdo, che vedevano in prima linea giovani delle banlieu di seconda e terza generazione, una cosa è certa: «Di fronte a una barbarie di questo genere, la risposta non può che essere quella di intensificare gli sforzi per sconfiggere e sradicare la minaccia terrorista e di Daesh in particolare».



Va pur detto che nel silenzio, spesso, dei media, continua un confronto militare che vede all’opera la coalizione internazionale contro l’Isis tra Siria e Iraq. E il Califfato è tutt’altro che vincente in questa fase. Una circostanza, questa, che spiegherebbe l’alzo del tiro terroristico in Europa. «Nelle ultime settimane e negli ultimi giorni – ragiona ancora il ministro degli Esteri - si sono anche registrati risultati importanti, come la riconquista del Sinjar, uno dei luoghi da cui partì l’espansione di Daesh in Iraq».



LA PROPAGANDA

Quella contro l’Isis è una guerra che non ha testimoni giornalistici. Bene l’evacuazione degli yazidi con gli elicotteri americani, l’avanzata dei 7mila peshmerga addestrati dagli italiani… Gentiloni osserva che «l’Italia è uno dei 3 o 4 Paesi chiave della coalizione anti-Daesh». Importanti sono pure le avanzate «in Siria verso Raqqa». In conclusione: «La risposta al massacro di Parigi è molto semplice: intensificare l’azione di contrasto, e di questo parleranno i principali leader della coalizione nei colloqui a margine del G20 in Turchia». Oggi.



Nel frattempo, è stata rinviata la visita del presidente iraniano Rouhani ieri a Roma. Il leader sciita è un altro target dei terroristi sunniti del Califfo. La crisi siriana è tutt’altro che semplice. Molti gli attori protagonisti. È ancora il nostro capo-diplomazia a definirla «la più grave crisi umanitaria dei nostri tempi: 250 mila morti, milioni di rifugiati, altri milioni di sfollati interni alla Siria. È una ferita per tutti noi e dobbiamo riuscire ad aprire uno spiraglio di soluzione.



Gli incontri di Vienna hanno portato alla luce un ruolo importante dell’Onu attraverso l’inviato Staffan de Mistura, una leadership determinante degli Usa, un contributo molto positivo della Russia, e un fatto senza precedenti: paesi come Arabia Saudita e Turchia da un lato, Iran dall’altro, hanno accettato non solo di sedere allo stesso tavolo, ma di convenire anche sulla necessità di aprire un processo politico di transizione in Siria. Restano differenze notevoli, che però non devono spaventarci, su quale debba o possa essere il ruolo di Assad in questo processo». Infatti su questo punto, ieri a Vienna, si è potuto solo certificare la diversità di vedute. Pesano infine i due attentati a Beirut con oltre 40 morti. È la dimostrazione che «il Libano è colpito direttamente dalla crisi siriana e dalle dinamiche regionali provocate da Daesh, che si aggiungono a 18 mesi di crisi politica e istituzionale.



LE RICADUTE

Siamo già fortemente impegnati per la stabilità del Libano, che va anche protetto dalle pesanti ricadute della crisi siriana e aiutato a gestire l’emergenza di 1 milione e mezzo di rifugiati. La gestione delle emergenze umanitarie è una delle priorità di politica estera dell’Italia». E Gentiloni si dice «molto soddisfatto» per la designazione come Alto Commissario per i Rifugiati dell’italiano Filippo Grandi. Infine la Turchia, altro protagonista dell’area: «Abbiamo un nemico comune: il terrorismo. Che in Turchia colpisce governo e opposizione».
© RIPRODUZIONE RISERVATA