Di Stefano, spunta la laurea comprata con i soldi della Regione Lazio

Di Stefano, spunta la laurea comprata con i soldi della Regione Lazio
di Michela Allegri e Valentina Errante
3 Minuti di Lettura
Venerdì 28 Novembre 2014, 23:21 - Ultimo aggiornamento: 30 Novembre, 09:45

Martedì, quando si presenterà in procura per rispondere alle domande dei pm Tiziana Cugini, Maria Cristina Palaia e Corrado Fasanelli, Marco Di Stefano dovrà chiarire anche un altro episodio di corruzione: una laurea in giurisprudenza comprata con i soldi della Regione Lazio.

Perché nel 2010, proprio dopo avere assegnato una consulenza al rettore, il parlamentare del Pd ha conseguito l’ambito titolo che non annovera però nel suo cursus studiorum sul sito della Camera. Un’accusa che si aggiunge a quella della presunta tangente da un milione e 800 mila euro, incassata dai costruttori Pulcini, e a due episodi di abuso d’ufficio, per un appalto e una concessione assegnati ad amici.

Infine, dovrà spiegare ogni dettaglio sulla stretta amicizia con Alfredo Guagnelli, il faccendiere misteriosamente scomparso nel 2009.

Per questo, i pm hanno deciso di convocare il parlamentare per un’interrogatorio a tutto campo: come testimone sui suoi rapporti con Guagnelli (nell’ambito di un fascicolo per omicidio volontario che al momento non vede iscritti) e come indagato di corruzione.

LA LAUREA

Sono le intercettazioni, agli atti dell’indagine partita dagli accertamenti dei carabinieri del nucleo investigativo di Roma, a raccontare ai pm Maria Cristina Palaia e Corrado Fasanelli l’episodio del presunto acquisto della laurea, contestato a Di Stefano nell’invito a comparire. Nel 2010, da assessore regionale all’Istruzione della giunta Marrazzo, Di Stefano assegna al rettore di un’università telematica una consulenza da 12 mila euro della società Sviluppo Lazio. Per gli inquirenti sarebbe il prezzo della laurea in Scienze giuridiche. Perché le telefonate raccontano che il rettore, consulente dell’amministrazione, avrebbe preso accordi con i docenti, consentendo a Di Stefano di conseguire tutti gli esami tra febbraio e luglio di quell’anno.

LE ALTRE ACCUSE

Nell’invito a comparire a Di Stefano vengono contestati anche due episodi di abuso d’ufficio. Nel 2010 avrebbe concesso per diciannove anni un’area demaniale a un imprenditore amico, mentre l’organizzazione di eventi dell’amministrazione veniva assegnata senza un bando e per trattativa diretta a una società di hostess sempre ”vicina” al politico. E’ il giro al quale ha fatto riferimento davanti ai pm l’ex moglie di Di Stefano, Gilda Renzi, raccontando delle feste alle quali partecipava il politico: le stesse ragazze spesso, finito il lavoro alla Pisana, passavano le serate con Di Stefano e i suoi amici.

LAZIO SERVICE

Ieri, intanto, tre informazioni di garanzia, nelle quali si ipotizzano reati che vanno dalla truffa e all’abuso d'ufficio, sono stati notificati agli ex vertici di Lazio Service. Sotto accusa Giuseppe Tota, direttore generale e degli affari legali, Tonino D'Annibale, direttore amministrazione, e Claudia Ariano, direttore Innovazione e Sviluppo, la compagna di Di Stefano (nonché ex di Guagnelli) che, secondo le indagini, avrebbe accelerato le procedure per concludere con i costruttori Antonio e Daniele Pulcini contratti d’oro.

La società, controllata dalla Regione Lazio, dopo il pagamento di una presunta tangente da un milione e 800mila euro a Di Stefano e quello accertato di 300mila euro a Guagnelli, ha preso in locazione, per circa 8milioni di euro, due immobili dei costruttori Pulcini, consentendo agli imprenditori, indagati per truffa aggravata, di far lievitare il prezzo dei palazzi e realizzare una plusvalenza del 100% nella vendita all’Enpam (Ente nazionale dei medici).

Il coinvolgimento dei dirigenti nell’inchiesta è legato alla certificazione della congruità dei contratti di affitto e anche all’urgenza rappresentata in uno dei due casi.

© RIPRODUZIONE RISERVATA