Metti la baby in passerella: nuova ondata di modelle minorenni nel circuito mondiale del fashion system

Metti la baby in passerella: nuova ondata di modelle minorenni nel circuito mondiale del fashion system
di Anna Guaita
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Venerdì 24 Luglio 2015, 00:33 - Ultimo aggiornamento: 00:34
New York - Sembra scesa da uno dei quadri dei pre-raffaelliti britannici dell'Ottocento: alta, snella, diafana, con i lunghissimi capelli biondi sciolti sulle spalle, avvolta in un abito di velo che lascia appena intravedere il corpo. Sofia Mechetner è stata il fenomeno delle sfilate parigine, e a lei è toccato l'onore di aprire la passerella di Dior. Una fiaba, una storia che ha fatto sorridere di gioia e commozione. Ma solo fino a quando non si è scoperto che Sofia ha appena 14 anni. Una bambina. Eppure a lei è stato affidato il compito di vendere abiti di alta moda per donne ricche e mature. Un compito che - secondo educatori, sociologi, e associazioni di genitori - non dovrebbe ricadere sulle fragile spalle di ragazzine che non solo non sono del tutto formate nel fisico, ma neanche nel carattere.



LE NORME

La storia di Sofia ha fatto scalpore in Israele, dove la ragazzina vive con la madre, che deve lavorare in tre diversi luoghi per poter sfamare i figli. La baby-modella ha firmato un contratto che le garantirà per i prossimi due anni 250 mila euro, e una vita comoda per tutta a famiglia, e ha espresso grande felicità per questo successo. Ma i soldi non sono tutto, protestano coloro che da anni tentano di obbligare gli stilisti a non mettere in passerella under 16.. Tre anni fa le principali riviste di moda e i designers accettarono di soddisfare questa richiesta, ma si trattava di un impegno di massima. Solo la Gran Bretagna ha una legge, del 2007, che vieta di ricorrere a bambine per le passerelle. E anche negli Stati Uniti, il CFD (Council of Fashion Designers) nello stesso anno adottò la stessa età, ma solo suggerendo che la moda scegliesse volontariamente di rispettarla.



In realtà, la disputa va avanti da più lungo tempo. Erano gli anni Ottanta quando la 15enne Brooke Shields causò scandalo indossando gli aderentissimi jeans di Calvin Klein e sostenendo in modo piccante: «Nulla si frappone fra me e i miei jeans». E dopo Brooke, c'è stata una sfilza di babymodelle, inclusal Kate Moss, che ieri sul New York Times ammetteva che all'inizio della sua carriera era così intimidita che si chiudeva in bagno «a piangere».



Abbiamo poi avuto fenomeni come quello dell'australiana Miranda Kerr, oggi top, che si affermò ad appena 13 anni, vincendo un concorso. O la 14enne Ondria Hardin che nel 2012 sfilava per Marc Jacobs e compariva sulle copertine truccata da ultraventenne. O il caso, davvero sconcertante, nel 2011, della bambina di soli 10 anni, Thylane Loubry Blondeau, che venne immortalata in una serie di servizi fotografici dal carattere erotico.

Le polemiche sulla "sessualizzazione delle bambine" esplose allora feroce, e fu proprio come conseguenza di questo scandalo che le riviste si impegnarono a non usare più bambine per i loro servizi. Anche la supermodel Cindy Crawford aderì al progetto e decise di ritirare la giovanissima figlia, Kaia, che a 10 anni aveva cominciato a posare per Versace: «Dovrà aspettare fino a che non ha anche lei 16 anni» disse nel 2012 Cindy. E invece, ieri il New York Times elencava fra le baby-modelle anche Kaia, che a 13 anni posa ora per grandi fotografi ed ha un contratto con l'agenzia Img Models.



LO SFRUTTAMENTO

Il mondo della moda sembra essere come un pendolo: di colpo, tutti diventano sensibili a un serio problema. Pensate all'anoressia. In Francia c'è una legge che vieta la passerella alle giovani che abbiano una massa corporea inferiore al valore 18, che è quello che l'Organizazione Mondiale della Sanità indica come il limite della denutrizione. Non che la disposizione venga sempre rispettata. Ma il problema delle bambine modelle, truccate e abbigliate come donne mature sembra essere anche più ostico, nonostante tradisca una forma di sfruttamento evidente: «Le curve disturbano il vestito, creano una distrazione» spiega Susan Scafidi, docente presso la Fordham University e specializzata in legge e moda.



Le fa eco Sara Ziff, che ha fondato The Model Alliance, organizzazione di supporto delle modelle: «Quando vesti una bambina, la trucchi e le metti i tacchi alti, si sottintende che sia un oggetto sessuale, e il più delle volte è così che il pubblico leggerà quell'immagine».

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