Afa record, danni e disagi: le temperature di luglio hanno superato di 3,55 gradi la media, peggio addirittura del 2003

Afa record, danni e disagi: le temperature di luglio hanno superato di 3,55 gradi la media, peggio addirittura del 2003
di Emanuele Perugini
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Mercoledì 5 Agosto 2015, 00:57 - Ultimo aggiornamento: 6 Agosto, 22:11
Non c’è scampo al caldo torrido di questa estate. Nemmeno in alta quota, anzi in altissima quota, dove ormai per trovare temperature che scendono sotto lo zero, dovremmo salire ben oltre la vetta del Monte Bianco. I dati che arrivano dalle stazioni meteorologiche italiane sono impressionanti. Non solo il mese di luglio si è confermato in generale come il più caldo dal 1800, da quando cioè si sono cominciate a fare misurazioni sistematiche in tutta Italia, con dati che superano di 3,55 gradi la media del periodo. Secondo Michele Brunetti, responsabile della banca dati di climatologia storica dell’Istituto di Scienze dell’atmosfera del Cnr, a luglio abbiamo dovuto sopportare in media quasi un grado in più rispetto al 2003, l’anno che tutti noi ricordiamo per il gran caldo sofferto, per i ripetuti allarmi per la salute, per i disagi per anziani e per i malati cronici.



API E MIELE

I termometri sono impazziti dappertutto, causando disagi non solo agli uomini ma anche agli animali e soprattutto all’ambiente. Ovunque Coldiretti ha segnalato cali nella produzione di latte e di uova, segno evidente dello stress provocato dal caldo a mucche e a galline d’allevamento. Anche dalle arnie non arrivano notizie rassicuranti. Secondo Coldiretti in questi giorni di grande calura le api volano meno e tendono a rimanere al riparo senza riuscire a prendere il polline. La conseguenza è che producono meno miele. Sempre per colpa del gran caldo sono morti i pesci della laguna di Orbetello, letteralmente soffocati in un acqua che aveva raggiunto temperature da record.



La grande ondata di calore di questa estate 2015 sta mettendo a dura prova il nostro paese e i suoi sistemi ambientali, con ripercussioni dirette e indirette anche sulla nostra salute. Le temperature elevate spingono a un uso più intensivo delle risorse idriche, ma allo stesso tempo il gran caldo di questi giorni sta minando gravemente le nostre riserve strategiche: i ghiacciai alpini. Se infatti i dati in tutto il mondo riferiscono di un progressivo scioglimento di questi enormi serbatoi d’acqua dolce, le notizie che arrivano dalle nostre montagne più alte sono preoccupanti. Ieri sulla cresta del Monte Rosa il termometro ha registrato 7.3 gradi. I dati rilevati dalla Stazione Arpa Piemonte di Capanna Margherita a quota 4560 metri sul livello del mare, mostrano in maniera inequivocabile gli effetti di questo torrido luglio in altissima quota.



«Non so se si tratta di un record assoluto - spiega Claudio Cassardo dell'Università di Torino - ma un dato del genere si fa fatica a ricordarlo». Il problema sono le temperature rilevate a giugno e luglio. «In pratica - spiega ancora Cassardo - dalla fine di giugno ad oggi il livello dello zero termico non è mai sceso sotto i 3600 metri di quota. Questo vuol dire che la maggior parte dei ghiacciai alpini si è trovato per tutto questo tempo esposto a temperature ben al di sopra del punto di fusione del ghiaccio».



LA FUSIONE

Sempre scorrendo i dati rilevati da diverse stazioni, non solo in Piemonte, ma anche a Bologna e a Milano, viene fuori che in altre giornate a cavallo tra giugno e luglio, la temperatura in quota ha raggiunto livelli analoghi. «Avere 7,3 gradi a 4560 metri, vuol dire che non c'era nessun punto dell'intero arco alpino in cui il ghiaccio non si è sciolto» conclude Cassardo. «La maggior parte dei ghiacciai alpini, tra i 2600 e i 3500 metri di quota – spiega Guglielmina Diolauti, glaciologa dell'Università di Milano - è più esposto alle radiazioni e quindi alla fusione». Secondo quanto riferisce la ricercatrice la fusione «è più accentuata del 30-40%». Basti pensare che «l'attuale copertura nevosa è quella che solitamente registriamo molto più in là nella stagione». Insomma, «siamo quasi con un mese di anticipo». La settimana scorsa, «a circa 2800 metri di quota si sono fusi 40-50 cm di ghiaccio in poco più di 7 giorni». Parliamo di «5 cm al giorno di spessore» e l'estate, ricorda la ricercatrice «dura circa 90 giorni». Anche per Stefano Aliani, ricercatore del Cnr, i dati sulle temperature e sui ghiacciai italiani non fanno presagire nulla di buono. «Il ritiro sempre più accelerato dei ghiacciai causa diversi problemi di instabilità sotto il profilo geologico. Chi vive sulle montagne lo sa benissimo».





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