San Severino, dal convento di Santa Teresa solidarietà e preghiera per la novizia mamma

Suor Giustina
di Alessandra Bruno
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Lunedì 26 Gennaio 2015, 18:32 - Ultimo aggiornamento: 18:51
SAN SEVERINO - La novizia e il suo bambino, pronte a lasciare l'ospedale di Macerata. E' questione di pochi giorni: la mamma suora 35enne originaria del Burundi e il suo bebè di oltre tre chili verranno presto dimessi dal reparto di maternità.

Le loro condizioni di salute sono in via di miglioramento e non destano preoccupazione.



La giovane religiosa africana, accolta lo scorso maggio dalle sorelle missionarie dell'Amore di Cristo di San Severino, aveva dato alla luce il bimbo domenica scorsa, nell’ospedale settempedano, suscitando lo stupore in corsia. Qualche giorno dopo, protetta da una corazza di privacy e riserbo, la neomamma è stata trasferita nel capoluogo di provincia per alcuni accertamenti. La giovane religiosa ha rivelato di voler tenere il bambino, frutto, - ha detto - di una violenza subìta nel suo Paese di origine. Le consorelle del convento dello Smac hanno custodito il suo segreto fin dall'inizio, accudendola e mantenendo il silenzio sulla vicenda.



La notizia, però, è trapelata in fretta nel piccolo paese. «Siamo rimaste scioccate - racconta suor Giustina, del vicino convento di Santa Teresa (non di clausura proprio come lo Smac) - siamo solidali con la novizia». La struttura ospita anche il liceo linguistico con 65 studenti: «Insegno ai ragazzi - prosegue suor Giustina - hanno posto molte domande e abbiamo pregato per la consorella africana: siamo tutte parte di una stessa famiglia, ma non la conosciamo e non l'abbiamo mai vista».



Nel convento dello Smac ci sono 11 religiose, di cui diverse provenienti dal Burundi: «Ho sentito la superiora, Nadia, qualche giorno fa al telefono - aggiunge suor Giustina - è tornata da poco da una missione in Africa, ma sulla questione non ha accennato nulla, l'abbiamo appreso dai giornali». La scelta di vita è la stessa per tutte le religiose: «Rispetto alle suore di clausura - rivela suor Giustina- abbiamo più contatti con l'esterno, ma tutte poniamo al primo posto Gesù. La castità è una scelta interiore, la storia della consorella per noi è molto triste. Non credo ci possa essere condivisione, solo umana carità, quando qualcuno si allontana dal percorso di vocazione che ha deciso di intraprendere».



E conclude: «La vita comune appartiene a tutti gli ordini religiosi. Ci alziamo alle 6, condividiamo i momenti di preghiera e la mensa, poi ognuna ha le sue mansioni. Prima di prendere i voti, il percorso dura due anni: nello spirito siamo vicine alla religiosa africana, come avremmo fatto se fosse accaduto nel nostro convento»