Latina, intervista alla mamma della ragazza uccisa dal pirata: «Le parole di Alessia sono la nostra forza»

Simonetta Turrini, la mamma di Alessia Calvani
di Marco Cusumano
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Venerdì 11 Luglio 2014, 08:43 - Ultimo aggiornamento: 18:05
LATINA - Quella domenica Alessia ha sistemato per bene la sua camera, come se volesse lasciare tutto in ordine. Poi andata via, non so perch quel giorno io l’ho guardata dalla finestra allontanarsi. Parla Simonetta Turrini, la mamma di Alessia Calvani, la ragazza travolta e uccisa da un pirata della strada a Latina Scalo.

«Era una domenica tranquilla, Alessia mi ha chiesto se poteva venire a cena la sua amica Ilenia. Io le ho risposto di sì, che problema c’era? Abbiamo cenato, abbiamo scherzato, abbiamo ascoltato della musica. Abbiamo riso. Soprattutto abbiamo riso insieme. Ridevamo spesso insieme. Poi sono andate via e io le ho osservate mentre si allontanavano dalla finestra. Ho pensato che Alessia stava diventando molto bella, non avrei mai immaginato che quel pensiero avrebbe accompagnato l’ultima immagine di mia figlia».



I PENSIERI

Sono passati quasi due anni e i pensieri si affollano nella mente di Simonetta. «Tanti dettagli - racconta - tanti particolari li sto notando adesso. Alcuni sono anche inquietanti, come delle frasi che Alessia scriveva e che io non avevo mai letto. Una era rivolta a un’amica: “Quando non ci sarò più ricordati che hai avuto un’amica speciale”. A volte mi stupisco di come abbia potuto avere questi pensieri, chissà cosa le passava per la testa in certi momenti». Alessia aveva compiuto 15 anni da appena una settimana. Un’età delicata, piena di sussulti, piena di emozioni contrastanti.



«Senza di lei andiamo avanti come possiamo e come riusciamo, giorno dopo giorno. A volte ho dei crolli, ma mi rialzo sempre e ci riesco solo grazie ad Alessia. Ricordo quando, vedendomi magari un po’ troppo tempo a casa, mi diceva: “Mamma esci un po’, certe volte mi sembri depressa!”. Ecco, adesso quando penso ai problemi di allora, mi sembrano sciocchezze. Perché sto affrontando qualcosa di enorme e riesco a superare le difficoltà solo grazie a lei».



VOLEVA DIVENTARE CHEF

Alessia aveva un sogno, voleva diventare una chef. «Studiava all’istituto Alberghiero di Formia, ma era appena al primo anno, si trovava bene e le piaceva. A casa ogni tanto si dilettava in cucina. Molte sue compagne di scuola mi vengono a trovare, a volte passiamo del tempo insieme ed è un modo per renderla viva».



L’affetto degli amici di Alessia non è mai venuto a mancare. «Hanno organizzato tante iniziative per ricordarla, hanno partecipato alle nostre fiaccolate, c’è stato anche un flash mob organizzato da Simone Finotti. Ogni iniziativa che nasce per ricordare Alessia per me è una gioia. Abbiamo avuto dei contatti in Comune, io volevo sistemare una targa nel luogo dell’incidente ma non è stato possibile per una serie di ragioni. Si è parlato anche di una borsa di studio, vedremo».



Recentemente è stato proposto di intitolare la nuova pista ciclabile Q4-Lido ad Alessia, ne sarebbe felice? «Questa idea mi piacerebbe moltissimo - risponde la mamma - non ne ero a conoscenza ma sarebbe un modo molto bello per mantenere viva la sua memoria. Sarei davvero contenta».



LE INDAGINI

«Io sono piuttosto pessimista di carattere. Non ci credevo che avrebbero trovato il pirata, pensavo fosse di fuori e le tracce erano quasi nulle. Invece gli agenti della Polizia Stradale, guidati da Francesco Cipriano e Igino Pandolfi, sono stati fantastici, hanno indagato come se Alessia fosse figlia loro, si sono comportati come dei padri e alla fine sono riusciti ad arrestarlo.



Esemplare anche il comportamento del nostro avvocato, Federico Bianchi, sempre presente e collaborativo. E’ stato incredibile scoprire che il pirata stesse tra noi a Latina Scalo. Io non frequento molto il borgo e non lo conoscevo, neanche di vista. Mio marito e mio figlio invece sì. Mio figlio in particolare lo aveva incontrato più di una volta durante le ricerche e addirittura un giorno il pirata gli chiese delle informazioni sulle indagini, su cosa avevano scoperto gli investigatori. Il pirata frequentava proprio il bar che si trova di fronte al luogo dell’incidente, chissà quante volte avrà preso il caffè sentendo parlare di lui. Sembra assurdo ma è così».



IL PROCESSO

«In tribunale ho fissato Emanuele Fiorucci senza mai distogliere lo sguardo. Volevo incrociare i suoi occhi, volevo che lui mi guardasse e che abbassasse lo sguardo di fronte a me. Così è stato. Lui non ha chiesto scusa in aula, non ha proprio parlato. E io non volevo le sue scuse. Non voglio le scuse da chi è fuggito dalle proprie responsabilità in quel modo. Ho sofferto ascoltando il suo avvocato difensore che dava quasi la colpa ad Alessia dicendo che ha attraversato le strisce pedonali in diagonale, che era al telefono, che forse era distratta. Mia figlia era al telefono con il fratello in quel momento. A un certo punto è caduta la linea, mio figlio pensava che fosse il telefono di Alessia che non funzionava perché era un po’ vecchio. Invece era accaduta la tragedia. E il pirata dice che pensava di aver investito un animale...».



LA CONDANNA

Fiorucci è stato condannato a sette anni e due mesi. «Venerdì ero sicura che la condanna sarebbe arrivata. In realtà mi aspettavo una pena inferiore, perché mi avevano spiegato quanto previsto per il reato di omicidio colposo. E’ chiaro che, fosse per me, potrebbe restare dentro a vita... Ma tutto sommato posso ritenermi soddisfatta della condanna inflitta».



«Mio marito era presente in aula insieme a me - continua Simonetta - mentre mio figlio non c’era. Abbiamo deciso insieme che sarebbe stato meglio così. Lui è un ragazzo di vent’anni e oltretutto è l’unico che effettivamente conosceva Fiorucci. Ha addirittura parlato con lui senza sapere che aveva davanti il responsabile della morte di Alessia. Sono tutti fattori che pesano su chiunque, figuriamoci su un ragazzo di vent’anni che ha perso la sorella in quel modo. Venerdì è stato meglio tenerlo lontano da quell’aula di tribunale, è stata una decisione condivisa».



Simonetta racconta la sua drammatica esperienza con estrema lucidità, senza freddezza, cedendo all’emozione soltanto alla fine. E’ una madre che ha perso la figlia di 15 anni, una parte di sé strappata improvvisamente nel peggiore dei modi.



Al termine dell’intervista Simonetta prende il cellulare, mostra alcune fotografie di Alessia e sorride: «Amava farsi fotografare, ne abbiamo tantissime, una più bella dell’altra... Alessia era bellissima».
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