Abuso d’ufficio, falso e peculato sono infatti i reati che vengono contestati a vario titolo ai 10 imputati. Ieri, nel corso della prima udienza svoltasi dinnanzi al collegio presieduto dal giudice Pierfrancesco De Angelis, è stato ascoltato il consulente nominato dal pubblico ministero, l’ingegner Boerio, che ha sostanzialmente spiegato come a suo avviso le ditte incaricate fossero totalmente estranee ai fatti. Lo stesso non ha però saputo rispondere alla domanda formulata dal legale del dirigente Di Marco, l’avvocato Corrado De Simone, che ha chiesto al perito se, indicendo una maxi gara d’appalto, il Comune avrebbe risparmiato.
Ed è proprio questa la strategia difensiva intrapresa dal pool di avvocati secondo i quali l’urgenza dei lavori e la diversità dei vari interventi hanno spinto il comune verso la soluzione dei cosiddetti “appalti spezzatino”. Inoltre, sempre secondo i legali, qualora ci fossero effettivamente delle responsabilità, sarebbero da addebitare allora commissario prefettizio Guido Nardone che, ritenendo l’opera della massima urgenza, firmò immediatamente la delibera e la inserì nel programma triennale delle opere pubbliche. «Un appalto – ha spiegato ancora l’avvocato De Simone – avrebbe presupposto tempi di gran lunga più lunghi oltre che un costo totale sicuramente superiore».
Conveniente o meno, urgente oppure no, secondo Miliano il comportamento adottato dal dirigente è stato a dir poco sospetto oltre che contrario al principio della libera concorrenza. Il processo insomma andrà per le lunghe; nella prossima udienza fissata per il 19 aprile sarà ascoltato un altro testimone del pubblico ministero, poi sarà la volta della difesa che ha chiamato a deporre altre 8 persone informate sui fatti.