Expo, arriva il colpo di coda: file chilometriche per entrare, vicino traguardo dei 20 milioni

Expo, arriva il colpo di coda: file chilometriche per entrare, vicino traguardo dei 20 milioni
di Renato Pezzini
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Domenica 4 Ottobre 2015, 23:03 - Ultimo aggiornamento: 31 Ottobre, 19:30
Un altro weekend da paura: code all’entrata, code ai padiglioni, code ai ristoranti, code per mangiare un panino e per andare in bagno. Il commissario Sala gongola: «Ormai la questione dei numeri è superata». Superata perché dopo le diffidenze delle prime settimane visitare Expo è diventato quasi un imperativo morale. E pur di dire «io ci sono stato», c’è una moltitudine disposta a passare ore e ore in attesa. E ad accontentarsi a fine giornata di aver visitato tre padiglioni su ottanta, se va bene.



SOLD OUT Il primo maggio, giorno dell’inaugurazione, a chi sosteneva che arrivare a 20 milioni di ingressi fosse un obiettivo possibile davano del pazzo. Arrivati a fine settembre le presenze registrate erano 16 milioni e mezzo: quasi certo, quindi, che il 31 ottobre - giorno della chiusura - i «pazzi sognatori» possano dire di aver visto giusto. Da fine agosto ogni sabato si muovono fra il Cardo e il Decumano più di 250 mila visitatori. Un po’ come portare tutti gli abitanti di Verona, in un giorno solo, dentro il perimetro di Expo . Le code per entrare all’Esposizione Universale sono oggetto di dispute virali sui social network. Dopo che una giuria di esperti ha destinato alla Gran Bretagna il premio del «padiglione più bello», per entrare nell’alveare inventato dagli inglesi bisogna armarsi di santa pazienza ed essere disposti ad aspettare anche tre ore. Per visitare quello del Giappone, magnifico all’esterno ma non indimenticabile all’interno, ce ne vogliono anche di più. I nipponici sono precisi e indicano i tempi di attesa: ieri a mezzogiorno chi si metteva in fila sapeva di dover pazientare 280 minuti.



Il pericolo è che l’euforia di queste settimane faccia passare in secondo piano un problema che nessuno sa ancora come affrontare: che ne sarà di Expo il giorno dopo la chiusura? Più il successo dell’Esposizione diventa vistoso, più la domanda si fa urgente. Le cose stanno andando meglio del previsto, ed è ormai evidente che sarebbe un peccato imperdonabile buttare alle ortiche il patrimonio di credibilità accumulato nei mesi di apertura. Ma per ora non c’è ancora nessuno che abbia idea di quale possa essere il futuro.




LE REGOLE Il regolamento del Bureau che governa le Esposizioni Internazionali è drastico. Impone che dopo sei mesi dalla chiusura l’area della manifestazione venga sgomberata e destinata ad altro. Significa, per esempio, che anche il Padiglione Zero (il cuore tematico di Expo) prima di aprile del 2016 dovrà scomparire: «Sarebbe una follia vista l’importanza che ha avuto» dice l’ideatore, Davide Rampello. Stesso discorso per l’Albero della Vita, che adesso molti vorrebbero lasciare lì dov’è, anche perché smontarlo e rimontarlo altrove costerebbe 500 mila euro.



Fra gli Stati che hanno allestito un padiglione c’è chi ha le idee chiare. I brasiliani, per esempio, hanno già deciso di rimontarlo a casa loro, e non sono i soli. Altri invece hanno proposto di lasciare le strutture in eredità all’Italia, ma non è questione di generosità. Il fatto è che le opere di smontaggio e di smaltimento hanno costi alti. Rimarranno sicuramente in piedi il Palazzo Italia, la Cascina Triulza (destinata alle onlus) e il Teatro all’aperto da dodicimila posti. E, forse, il Media Center che qualcuno vorrebbe trasformare in un museo.



L’area dell’Esposizione milanese è di un milione di metri quadri. Metà, secondo regolamenti e promesse iniziali, sarà destinata al verde. E l’altra metà? Idee ce ne sono, ma di progetti veri e propri nemmeno l’ombra. Accantonata l’ipotesi di farci un nuovo stadio e un mega centro per i giovani, tengono banco le proposte dell’Università Statale di Milano (disposta a creare un campus accademico e a trasferirvi tutte le facoltà scientifiche) e quella dell’Associazione Industrali che vorrebbe allestirvi un grande parco tecnologico.



IL FATTORE ECONOMICO Però occorrono molti soldi, Comune di Milano e Regione Lombardia non ne hanno a disposizione, e così si attende - ormai da molti mesi - che lo Stato italiano acquisisca delle quote di Arexpo, la società proprietaria dei terreni. Se ne parla da mesi, ma per ora è tutto fermo. Col rischio che in attesa di decidere il da farsi tutto il perimetro dell’Esposizione dal giorno dopo la chiusura venga abbandonato a sé stesso poiché i costi di gestione delle strutture sarebbero così alti da essere giudicati insostenibili.
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