Alitalia, ecco il piano Air France:
4.000 tagli e Fiumicino dimezzato

Spinetta
di Umberto Mancini
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Venerdì 4 Ottobre 2013, 12:02 - Ultimo aggiornamento: 5 Ottobre, 10:21
ROMA Air France affila le armi per il controllo di Alitalia. Sempre pi convinta che il governo - dopo la fumata nera scaturita dal vertice a Palazzo Chigi con i principali soci italiani, i fornitori, le banche e la Cassa Depositi e Prestiti che si è opposta all’intervento - sia pronto a cedere le armi. Incapace di gestire o solo immaginare un’operazione per impedire che Alitalia diventi di fatto un vettore regionale e Fiumicino un hub di serie B. Sanno bene a Parigi che il tempo gioca a loro favore e che il 14 dicembre, quando si svolgerà l’assemblea per l’aumento di capitale, il fronte italiano, lasciato solo dallo Stato, non potrà opporsi. In cassa ci sono pochi milioni di euro, la continuità aziendale è a rischio e al momento l’atteso cavaliere bianco non si è materializzato.



NESSUNA DIFESA

Per questo Air France, che gioca sulla confusione politica di questi giorni e sulla storica debolezza del nostro sistema, ha già pronto un piano «lacrime e sangue» da varare contestualmente all’acquisizione dell’ex compagnia di bandiera, cioè subito dopo la ricapitalizzazione. Le cifre dell’intervento sono emerse proprio durante il summit da Letta. «Air France taglierà fino a 4.000 posti, dimezzerà la flotta e chiuderà Alitalia handling per i servizi di pista», si è lasciato sfuggire un azionista di spicco della compagnia italiana. Non solo. Nei piani dei francesi c’è il trasferimento a Parigi delle funzioni aziendali chiave e, vista la scontata decurtazione dei voli, il ridimensionamento dell’aeroporto romano, che verrebbe messo al servizio dell’aeroporto parigino Charles De Gaulle perdendo quindi lo status di hub internazionale. Andrebbero in fumo miliardi d’investimento (12 per la precisione) e migliaia di posti di lavoro visto che la crescita dell’aeroporto immaginata da Adr è legata allo sviluppo del vettore nazionale. Trasferendo il centro a Parigi, il declino sarebbe inevitabile, la marginalizzazione sicura. Per la verità, anche il piano presentato dal presidente Colaninno e dall’amministratore delegato Del Torchio punta su un robusto taglio di organici (circa 900) e sullo spostamento dei voli sul lungo raggio, là dove i profitti sono più alti. Proposte ovviamente bocciate da Air France perché ritenute insufficienti e strategicamente sbagliate. Parigi vuole una cura più drastica. Certamente più dura di quella che sta facendo in casa propria, dove gli esuberi attualmente sul tavolo sono 2.800. Soprattutto concepisce Alitalia come una compagnia satellite il cui unico obiettivo deve essere portare fatturato, cioè passeggeri, negli scali francesi. Air France, che è controllata dallo Stato francese ed è partecipata dalla Caisse de Depots, ha dietro tutto il sistema Paese, e non esiterà ad approfittare dello disgrazie italiane. Del resto, le preoccupazioni dal premier Letta, condivise dai ministri Zanonato e Lupi, sono cadute nel vuoto quando si è cercato di far scendere in campo la Cdp a fianco delle banche e dei soci italiani. Il presidente Franco Bassanini e l’amministratore delegato Giovanni Gorno Tempini si sono infatti tirati indietro precisando che nè il Fondo Strategico nè la Cassa possono intervenire anche se l’investimento fosse di soli 100 milioni. Di qui l’irritazione del presidente del Consiglio che, dopo il gran rifiuto, sta pensando di tornare alla carica in queste ore. Appare infatti poco comprensibile - di là dei vincoli statutari, peraltro superabili agevolmente visto che la richiesta viene dal governo (il Tesoro possiede l’80% circa del capitale di Cdp) - che non venga considerato strategico il sistema del trasporto aereo nazionale. Un sistema che comprende il principale aeroporto del Paese, le infrastrutture connesse e tutto l’indotto legato al turismo, al business che Alitalia può significare per l’economia nazionale. Durante il vertice c’è chi ha anche fatto notare come Cdp abbia investito oltre 1,5 miliardi nella Brebemi, l’autostrada Milano-Brescia, che certo non è così strategica per il Paese. Insomma, il no è stato giudicato uno schiaffo inaccettabile. Anche perché tutti i protagonisti riuniti intorno al tavolo, dagli esponenti delle banche (Federico Ghizzoni, ad di Unicredit e Gaetano Miccichè, dg di Intesa Sanpaolo) fino ai rappresentanti dei creditori (tra cui l’Eni e Adr) avevano condiviso il discorso del premier sulla necessità di non perdere un asset centrale - compagnia e aeroporto - per la politica dei trasporti e lo sviluppo del Paese.



INTERVENTO DIRETTO

Se Cdp si fosse esposta, nessuno, dai soci alle banche, si sarebbe tirato indietro. Così però non è andata ed ora i margini sono davvero stretti. Da Palazzo Chigi si fa capire che c’è ancora tempo per trovare una soluzione. Ma un intervento in sede di aumento di capitale per circa 300 milioni, come vorrebbe Parigi, non sarà facile. Air France punta ad avere poco meno del 50%, appena sotto la soglia del consolidamento, per poter disporre della cloche della compagnia e decidere la rotta. Lo Stato italiano ha poche ore per rilanciare o almeno ottenere garanzie sull’integrità di Alitalia. Da parte loro le banche stanno lavorando a un’ipotesi che coinvolga anche il governo. Ma il fatto che ieri sera il vertice già convocato da Palazzo Chigi per lunedì 7 sia stato cancellato, non viene certo letto come un segnale di buon auspicio.
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