Lo scultore scozzese Thomas Houseago all’Uccelleria della Galleria Borghese e alla Gagosian Gallery

Reclining Figure, alla Gagosian Gallery
di Valentina Bruschi
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Martedì 4 Giugno 2013, 18:07 - Ultimo aggiornamento: 6 Giugno, 15:59

ROMA - Ad un eterno memento mori rimanda lo scultore scozzese di base a Los Angeles, Thomas Houseago (classe 1972), nelle due mostre che lo vedono protagonista, per la prima volta a Roma: Striding Figure/Standing Figure, all’Uccelleria della Galleria Borghese (allestita fino al 7 luglio), dove si fa stringente il dialogo con la monumentalit della statuaria classica, e Roman Scupltures, che oggi apre al pubblico della Gagosian Gallery di Roma (fino al 26 luglio, via F. Crispi 16).

La vanitas, insita nell’opera di Houseago, è evidente nella ricerca della maestosità nelle grandi sculture figurative, fisicamente imponenti in termini di grandezza, ma allo stesso tempo vulnerabili e fragili nella loro costruzione. Mostruosi ma non minacciosi, questi grandi golem creati dall’artista – a metà tra figure moderniste di picassiana memoria e moderni robot usciti da un film di Guerre Stellari – sfidano l’estetica convenzionale e i confini tra tridimensionalità e bidimensionalità, coniugando scultura e disegno. Houseago rivendica la manualità e le tecniche della tradizione scultorea, ormai anacronistiche nella nostra era tecnologica, ed è interessato ad un ritorno dell’artista alla creazione materiale, allontanandosi dal concettuale e dall’oggetto ready-made. I suoi lavori sono prima costruiti attorno ad una leggera struttura in ferro, a cui l’artista aggiunge diversi materiali come argilla, gesso, legno e canapa. Alcuni pezzi includono anche disegni a grafite o carboncino – volti o anatomie – che vengono poi montati su gesso o legno e inclusi nell’opera scultorea.

La mostra Roman Figures presenta nuovi lavori realizzati quest’anno, tra cui la scultura monumentale, Reclining Figure (For Rome), una grande opera dal corpo acefalo e prono che ricorda le reliquie dell’antichità, sottoposte alle vicissitudini dello scorrere del tempo, come descritto da Marguerite Yourcenar nel saggio, Il tempo grande scultore. Qui le forme classiche sono rivisitate grossolanamente per estrarne una nuova vitalità e guardando questa scultura viene in mente Acéphale, la celebre rivista fondata da Georges Bataille nel 1936, dove il simbolo dell’uomo acefalo sottolineava le virtù che questa figura incarnava per i Surrealisti, i quali disprezzavano tutto ciò che fosse razionale, coscienzioso e – letteralmente – cerebrale. Le teste infatti, le Roman Masks, come elemento negativo, sono sparse nello spazio della galleria. Esse non rappresentano volti, ma maschere, non sono simboli di vita, ma di morte e coniugano la tradizione classica e il Manierismo con la carica spirituale degli oggetti tribali dell’Africa e del Sud Pacifico.

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