In vetrina come vere bellezze:
la storia dei manichini

In vetrina come vere bellezze: la storia dei manichini
di Maria Grazia Filippi
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Lunedì 13 Maggio 2013, 10:58 - Ultimo aggiornamento: 13:12
ROMA - L’inizio ha il fascino del neorealismo in bianco e nero degli anni ’50: il carnevale di Cento, un giovane appassionato e originale creatore di maschere di cartapesta per i carri allegorici delle sfilate, l’idea fulminante di fare di quelle sagome la strada della sua vita. È la storia di Romano Bonaveri, il patriarca della ditta italiana famosa nel mondo per i suoi favolosi manichini: slanciati, essenziali, enigmatici e, soprattutto, snodabili. A decenni da quell’illuminazione, quando ormai i manichini Bonaveri sono diventati nel mondo sinonimo di arte applicata all’artigianato, l’azienda festeggia i suoi primi sessant’anni con una pubblicazione “Mannequins. Bonaveri, a history of creativity fashion and art”, edito da Skira.

Un volume ricco ed elegante che racconta una storia, quella di Romano Bonaveri ma anche di Andrea e Guido. I figli che lo hanno accompagnato nella crescita dell’azienda di famiglia (con sede a Cento in provincia di Ferrara) che non si è limitata a far “indossare” nelle vetrine gli abiti dei più famosi stilisti del mondo dai suoi efebici manichini, ma li ha trasformati in affascinanti protagonisti di kermesse museali, di sfilate memorabili, di apparizioni surreali di installazioni artistiche.



SCULTURE MODERNE



«Mio padre aveva poco più di vent’anni quando scelse di fare manichini per mestiere – spiega Andrea Bonaveri – sarà per il contesto nel quale sono cresciuto, sta di fatto che anche per il manichino è la mia linea d’orizzonte, l’alba e il tramonto di ogni giornata».

Il volume diventa anche riflessione e approfondimento su un elemento della modernità, il manichino appunto, così presente da passare quasi inosservato. Ma non nel caso dei manichini Bonaveri, che hanno saputo trasformarsi da generico espediente per l’esposizione di abiti, in veri e propri pezzi d’arte amati dagli stilisti. «Il manichino nascendo come una vera e propria scultura ha in se il dna del manufatto artistico – spiega il giornalista ed esperto di costume Gianluca Bauzano – e come tutte le forme d’arte riflette i tempi e i cambiamenti storici. Se De Chirico ha vita facile con il pennello nel dare movimento agli arti dei manichini – alter ego di Ettore e Andromaca, i Bonaveri sono riusciti decennio dopo decennio a dar vita con maestria e ingegno a manichini capaci di rispondere alle richieste più inattese rivolte loro dal mondo della moda e dell’arte».



DE CHIRICO E GEPPETTO



Un manichino quindi che da semplice oggetto di trasforma e riesce a trasformare anche l’abito. «Le silhouette umane nate in questo atelier – continua Bauzano - sono state la “personificazione” della volontà dei fashion designer e delle richieste più inattese dei signori del mondo del visual merchandising internazionale, trasformando la vetrina in palcoscenico e i manichini in muti attori di copioni intricati e suggestivi». Seduttivi per molti artisti contemporanei, Giorgio De Chirico in testa ma anche Fortunato Depero e lo stesso Francis Bacon, i manichini sono l’oggetto della riflessione dello storico dell’arte Philippe Daverio, che ne individua l’origine addirittura nelle statuine di terra o d’argilla che i nostri lontani progenitori facevano cuocere sul fuoco. Per proseguire poi con le bamboline etrusche, greche e romane, fino ad arrivare a Pinocchio e a Geppetto.



PUPAZZI SU MISURA



Infinite nel volume le testimonianze dei creativi che hanno utilizzato questi manichini scarni ed evanescenti per dar vita alle proprie creazioni sartoriali. «Il pubblico non si rende conto dell’immenso lavoro che c’è dietro alla vestizione di un manichino. Si deve cercare la perfezione passando per ogni minima piega dell’abito» spiega la responsabile visual de La Rinascente Paola Eletti, mentre Eric Chevallier, direttore artistico di Colette a Parigi, aggiunge «siamo in un’era in cui, per ogni marca, ogni negozio indipendente vuole avere una propria identità. Ciascuno ha i suoi codici, ognuno chiede il suo manichino su misura».

«Ognuna delle nostre collezioni ha il suo manichino – concludono Maria Grazia Chiuri e Pier Paolo Piccioli direttori creativi di Valentino – ogni linea ha una sua personalità ben distinta e ben distinto deve essere il modo di raccontarla». Da qui l’idea di una maschera a coprire la faccia del manichino per la linea giovane Red Valentino. Mentre un volto metafisico, con un semplice segno per la bocca come in un quadro di Fontana, è la scelta per le collezioni pret a porter.
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