Mary, Eva e Pris Passato letterario che prende le mosse dal Frankenstein della diciannovenne Mary Shelley, nato un secolo prima del Golem di Gustav Meyrink (1915) ma contemporaneo del primo androide, L’uomo sabbia di E.T.A.Hoffmann (1817). Costui altri non è se non l’avo del rivale di Spiderman impersonato al cinema da Thomas Haden Church, e della prima donna androide, l’Eva futura di Auguste de Villiers de l’Isle-Adam (1887), a sua volta progenitrice della Pris di Blade Runner (Daryl Hannah). E se di Verne, Poe, Wells e Salgari sappiamo tutto, sfugge ai più che Ippolito Nievo nel 1860 scrisse la Storia filosofica del secolo futuro. Dove storia filosofica sta per i filoni etico-sociologici rappresentati oggi in bello stile da Frederic Pohl.
Fantascienza, dunque, termine coniato dal geniale Giorgio Monicelli nei primi anni Cinquanta del secolo scorso (e pensate se avesse prevalso “scienza fantastica”, proposta da Giuseppe Lippi), quando per Mondadori inventò la rivista e i libri di Urania. Vita breve per la prima, sempreverdi i secondi, curati, dopo il fratello maggiore del Monicelli regista, da Fruttero e Lucentini. L’Italia si muoveva allora nella scia delle collane pulp americane, si traducevano testi i cui protagonisti erano ancora marziani brutti sporchi e cattivi, associati all’idea del nemico sovietico e delle battaglie maccartiste. Fu così un inglese, Eric Frank Russell, a dover smantellare nel 1955 (da noi comparve solo nel 1969) la cupa ideologia d’Oltreoceano con l’esilarante Uomini, marziani e macchine, roba degna del migliore Jerome K.Jerome, precorritrice del Mars Attacks cinematografico di Tim Burton. Era il 1996 e sembrava passato un secolo da La cosa da un altro mondo, nel 1951 primo cult di derivazione letteraria (John W.Campbell, Who goes there, 1938) del cinema fantascientifico.
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