The Post al cinema e quella sera con Katherine Graham

The Post al cinema e quella sera con Katherine Graham
Come tanti sono andata a vedere "The Post" .Come molti mi sono commossa. Non so se sia successo anche a voi, se questo film muova corde emotive anche in quanti non...

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Come tanti sono andata a vedere "The Post" .Come molti mi sono commossa. Non so se sia successo anche a voi, se questo film muova corde emotive anche in quanti non fanno il mestiere  che ho la fortuna di considerare il mio dagli anni 80.


Per farla breve: il giornalismo che si racconta nel film di Spielberg e' quello che abbiamo conosciuto e che prima di noi avevano conosciuto generazioni di colleghi. Dai tempi di "Quarto potere' in poi, per capirci.

Un mestiere fatto di ansie, di telefonate a casa per dire "non aspettatemi per cena" , un mestiere di contatti coltivati per mesi in attesa della notizia giusta. Un mestiere di notti insonni perche', il giorno dopo, potevi ritrovarti sconfitto, la sconfitta consistendo nell'aver preso un "buco", nello scoprire, al mattino, che il tuo concorrente era stato piu' bravo di te e aveva una notizia in piu'. Uno " scoop".

L'altra sera, mentre sullo schermo una straordinaria Meryl Streep riportava in vita una donna troppo presto dimenticata, l'editrice del Washington Post, Katherine Graham, mi e' tornata in mente una serata che avevo completamente dimenticato.

Era il 1988 ed ero a Washington per un seminario su giornalismo e campagne elettorali insieme a molte altre colleghe di tutto il mondo. Ricordo che c'erano tra le altre Christine Ockrent per la Francia e la futura portavoce del premier polacco dal cognome con troppe z e w perche' possa anche solo provare a pronunciarlo.
 Al termine della settimana di studi e incontri, fummo invitate a cena dagli editori ed io mi ritrovai a tavola con due di loro, Henry Grunwald, l'editore del gruppo Time e, appunto, Katherine Graham.

Ero una giovane cronista innamorata dell'America e del giornalismo americano. Dall'Italia collaboravo come "stringer" per Time, mandavo loro notizie e aiutavo a nella ricerca delle fonti. Trovarmi allo stesso tavolo con l'editore di "Time" e con la proprietaria di quel Washington Post cui, dopo il Watergate, varie generazioni di cronisti guardavano con reverente ammirazione, era qualcosa che, mi dissi allora, mai avrei dimenticato. E invece...
Invece, a distanza di tanti anni, solo il film che racconta del carattere di Katherine Graham e del giornalismo di quegli anni mi ha fatto tornare indietro nel tempo, a quella cena di Washington.

Di cui, francamente, ricordo poco, se non la gentilezza di questi potenti dell'editoria americana nei confronti delle due giovani giornaliste europee al loro tavolo. Katherine Graham aveva allora poco piu' di settanta anni e, se scavo nella memoria, mi pare di rivederla alta, sottile e, forse, vestita di grigio perla. Una donna innamorata del giornalismo, legata al quotidiano ereditato dal padre e difeso da assalti di ogni tipo, da quelli della Casa Bianca narrati nel film The Post a quelli degli investitori.


Credo che la passione per il Washington Post sia stata un'ancora nella vita di quest'editrice ferita da grandi dolori, primo tra tutti il suicidio del marito Philip G. Graham. E Meryl Streep rende finalmente merito a una donna cui il giornalismo deve molto. Certo piu' di quanto lei abbia ricevuto Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero