Iran, la crisi economica del Paese del petrolio dove la benzina può aumentare del 33%

Iran, la crisi economica del Paese del petrolio dove la benzina può aumentare del 33%
Da cinque giorni a questa parte, l'Iran è ripiombato in un ciclo di contestazioni di piazza nei confronti della Repubblica islamica. I manifestanti che sono scesi in...

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Da cinque giorni a questa parte, l'Iran è ripiombato in un ciclo di contestazioni di piazza nei confronti della Repubblica islamica. I manifestanti che sono scesi in strada in decine di grandi e piccole città iraniane, da Ardabil nel Nord a Bandar Abbas nel Sud, passando per Kermanshah nei pressi dell'Iraq e Zahedan in prossimità dal Pakistan, hanno spesso scandito slogan politici che prendono di mira l'intero establishment di Teheran. Ma una radice delle attuali proteste è quella economica.


Nonostante l'ottimismo del governo Rohani circa l'avvio di un nuovo corso in seguito al raggiungimento dell'accordo con l'Occidente sul nucleare nel 2015, gran parte della popolazione iraniana deve tuttora assaporare i frutti promessi dal presidente rieletto a giugno. Sulla ripresa economica pesa in particolare la riluttanza delle grandi banche internazionali a intrattenere rapporti con l'Iran, un fattore su cui il governo Rohani continua a chiedere un intervento più deciso da parte dell'Ue.

La disoccupazione è una piaga particolarmente sentita in un Paese in cui il 75% della popolazione è sotto i quarant'anni di età, ha spesso una laurea ma deve confrontarsi con una carenza cronica di opportunità lavorative. Secondo il consigliere economico di Rohani, Mohammad Baqer Nobakht, almeno 830mila persone entreranno nel mercato del lavoro quest'anno, mentre nello scorso anno sono stati 700mila. Secondo il ministro dell'Interno, Rahmani Fazli, il tasso di disoccupazione su scala nazionale è del 12%, ma in alcune città tocca la soglia del 60%. La provincia di Kermanshah, un focolaio delle manifestazioni recenti, è quella con il livello più alto, al 25%.

LA PREVISIONE
Stando al Fondo monetario internazionale, la crescita dell'Iran sarà del 4% durante il 2018, un livello raggiunto soprattutto tramite la ripresa delle forniture petrolifere all'Occidente. Il Fondo ha però indicato la necessità della riforma del settore finanziario iraniano, spesso additato da Rohani come fonte di grandi sprechi e corruzione. Nelle scorse settimane è pure peggiorata la situazione di alcuni grossi fondi pensionistici, che sarebbero sull'orlo del tracollo a causa di investimenti errati e avrebbero interrotto o diminuito i pagamenti, causando manifestazioni di anziani in città come Esfahan. La legge finanziaria introdotta da Rohani tre settimane fa, è un'altra fonte d'attrito tra il governo e la società.

LA MANOVRA

Una delle sue clausole più controverse riguarda i costi di elettricità e benzina-gasolio, che potrebbero salire rispettivamente del 50% e del 33%. Tali aumenti sono subito stati bollati da quella vasta parte della società costretta a far uso della propria automobile - in qualità di taxi o corriere - per sopperire a un primo lavoro non sufficientemente redditizio. Allo stesso tempo il governo vuole esentare i meno abbienti dal pagamento delle tasse, per aiutarli a superare il carovita. L'inflazione è ufficialmente indicata al 10%, ma i prezzi sempre elevati dei generi di consumo hanno causato una lunga serie di manifestazioni contenute da parte di insegnanti, autisti e altri membri dei ceti medio-bassi che soffrono le iniquità di un'economia che, come ha ammesso lo stesso Rohani, necessita di un «intervento chirurgico» per risollevare il morale di una società esasperata da una prolungata cattiva gestione.


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Il Messaggero