Bersani: «Larghe intese Pd- FI? Non hanno i numeri. M5S e Lega vicini alla maggioranza»

Bersani (ansa)
ROMA “Vorrebbero, il problema è che non hanno i numeri”. Settimane di discussioni su possibili larghe intese tra Pd e FI per poi scoprire, come rivela Pier...

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ROMA “Vorrebbero, il problema è che non hanno i numeri”. Settimane di discussioni su possibili larghe intese tra Pd e FI per poi scoprire, come rivela Pier Luigi Bersani, che i numeri non ci sono. Ciò che non dice il leader di LeU è che i numeri ci sarebbero, almeno stando ai sondaggi, per un’intesa tra M5S e Lega. Magari con l’appoggio di qualcuno degli scissionisti che ancora rimpiange gli incontri in streaming del 2013 con i capigruppo grillini.


La quota di indecisi è ancora molto alta, ma ciò che impressiona, a poche settimane dal voto, è una sostanziale stabilità del Pd, ma ben sotto quota 25%, e la frenata di Forza Italia che, dopo l’iniziale recupero, è ancora sotto la soglia del 20%, con la Lega poco sotto.

Ciò che non recupera FI va ad ingrossare la  percentuale del Carroccio, partito che Berlusconi non riesce più a proporre come ruota di scorta di FI.

Non sorprende quindi che Salvini si rifiuti, insieme a Berlusconi, di firmare il patto “anti-inciucio”, che propone Giorgia Meloni con la manifestazione del 18. Ufficialmente le motivazioni sono altre, ma la volontà di avere le mani libere dopo il 4 marzo fa ritrovare Berlusconi e Salvini sulla stessa lunghezza d’onda. Tutti e due guardano a possibili accordi post-elettorali. Uno con il Pd, l’altro con i Pentastellati. L’eventualità è più che concreta e, oltre ad essere possibile grazie alle percentuali, è stata sdoganata pochi giorni fa da Luigi Di Maio che, a Londra, parlando con investitori, non ha escluso la possibilità di larghe intese con “Pd, FI e Lega”. Un modo, quello usato dal vicepresidente della Camera per nascondere l’unico vero interlocutore, visto che sia il Pd che FI da sempre escludono intese con i populisti e anti euro del M5S.


Salvini ha invece spalancato il portone e poco prima di Natale ha esplicitamente sostenuto di lavorare “per una maggioranza di centrodestra, ma se dopo le elezioni non ci sarà, chiamerò Beppe Grillo”. Con il 28% del M5S e il 14% della Lega, le larghe intese, sovraniste e anti-euro, sono a un passo.

Marco Conti Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero