Renzi all'Aquila, un'occasione persa
aumenta la distanza da Palazzo Chigi

Renzi all'Aquila, un'occasione persa aumenta la distanza da Palazzo Chigi
di Claudio Fazzi
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Giovedì 27 Agosto 2015, 11:48
L'AQUILA - Il palazzo e la piazza. Il cortocircuito della democrazia è andato in scena il 25 agosto all’Aquila.



Tra palazzi puntellati e imbracati, altri appena vestiti di nuovo e altri ancora riaperti e rioccupati da governance e uffici. Prima davanti a palazzo Fibbioni, diventato quartier generale del sindaco; poi davanti al Gran Sasso Science Institute; in mezzo, dovunque si potesse e ancora una volta con i poliziotti a rappresentare la barriera frangiflutti contro la protesta e, dunque, l’incolpevole bersaglio dell’ira dei simil fratelli.



Un cortocircuito teatrale unconventional: commedia, dramma, sperimentazione, trash d’autore. Una scommessa irriverente di teatro politico spudoratamente contemporaneo. A freddo, analizzare quello che è successo martedì sia all’interno del fortino, blindato, del potere, e fuori, nelle strade dell’Aquila, è complesso. I due eventi, l’arrivo del premier, più volte annunciato in una rivisitazione della più famosa opera teatrale di Samuel Beckett, “Aspettando Godot”, e gli scontri, mai così duri in città, sono strettamente collegabili sia sul piano simbolico, sia su quello politico e sociale.

Iniziamo dal palazzo. Tutto qua? Arriva il premier invocato, cercato, invitato più volte, celebrato, annunciato e la sua prima visita all’Aquila ferita, convalescente, in attesa di pecunia fresca smile e di sostegno nella battaglia contro l’Europa, si riduce a un incontro con qualche associazione e con il centrosinistra in una sala con pochi posti?



E il bagno di folla per il premier presentato da Cialente e compagni come il Salvatore della ricostruzione della città, il Salvadanaio della rinascita, il Profeta del rilancio? Beh, è stata una visita pensata male, organizzata peggio e con una crescita evolutiva anche pericolosa per la protesta, accuratamente evitata in quella che è sembrata una fuga dal confronto. C’erano gli aquilani? Non c’erano? I manifestanti venivano da altre parti dell’Abruzzo? Erano pochi? Domande che non hanno senso, buone per un dibattito al bar. E, poi, cosa ha detto Renzi? Poco, nulla di nuovo, tanto che la notizia vera della giornata è stata la protesta, i riflettori si sono concentrati sugli scontri e le parole del premier sono state soffocate dal sangue dei feriti negli scontri. E veniamo alla piazza.



È stata persa un’occasione. Renzi all’Aquila era una prima volta che andava vissuta in ben altra maniera, anche con un pizzico di opportunismo e praticità, per un confronto, pur agitato e duro, nella suprema necessità di avere risposte su ricostruzione, tasse, lotta contro l’Europa, fondi e chi più ne ha, ne metta, in un Abruzzo sempre a metà del guado. Nessuno pretendeva un tappeto rosso per Renzi, neanche i prezzemolini del centrosinistra aquilano, in bellavista e in posa anche martedì, ma, adesso, dopo un’accoglienza del genere, si può sperare che Renzi guardi in maniera più convinta verso i problemi abruzzesi e aquilani? E davvero tornerà tra un anno? Soprattutto, sarà ripristinato il collegamento fra i due punti del circuito?
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