Il Giovane Favoloso, Leopardi visto
da Martone due volte ospite all’Aquila

Il Giovane Favoloso, Leopardi visto da Martone due volte ospite all’Aquila
di Antonio Di Muzio
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Giovedì 23 Ottobre 2014, 11:28 - Ultimo aggiornamento: 25 Ottobre, 19:45
L'AQUILA Il fenomeno cinematografico del momento si chiama Mario Martone che con il suo Leopardi (Il Giovane favoloso) è riuscito in pochi giorni a scalare le classifiche del box office per i maggiori incassi della settimana. Martone ha avuto negli anni un connubio con L'Aquila grazie a personaggi illuminati dell'epoca come i docenti Giancarlo Gentilucci, Marcello Gallucci, Ferdinando Taviani e l'ex direttore del Tsa Federico Fiorenza, oltre ai rappresentanti del Tadua. Il Giovane Favoloso si è piazzato al secondo posto della classifica, dietro a Salemme, ma con la migliore media spettatori per copie. Un successo senza precedenti considerando che stiamo parlando di un film d’autore che dura due ore e un quarto. Finalmente qualcosa di nuovo all’orizzonte nel mondo cinematografico nazionale. Il film di Martone ha partecipato al festival di Venezia ma ha vinto solo premi collaterali (ma il giudizio dei giurati dei festival ormai contano poco…). Martone, che insieme a Sorrentino, Garrone e qualche altro costituisce l’asse portante del cinema d’autore italiano.



La presenza all'Aquila

Martone, poco noto al grande pubblico ma punto di riferimento della critica e degli studiosi, ha iniziato con il teatro e due volte è stato all’Aquila. La prima volta a soli 21 anni partecipò alla settima edizione del Festival del teatro universitario che si tenne dal 22 al 28 maggio del 1980. Il 25 si svolse una conferenza-spettacolo tenuta da Giuseppe Bartolucci (uno dei maggiori critici teatrali dell’epoca) con la partecipazione appunto di Martone sul tema “Il teatro post-moderno”. Il giovane grazie a fondi universitari aveva fondato a Napoli la compagnia Falso movimento, che poi nel 1986 si unì al Teatro dei Mutamenti di Antonio Neiwiller e al "Teatro Studio" di Caserta di Toni Servillo dando origine a Teatri Uniti: il top teatrale d’avanguardia dell’epoca con la nascita della famosa scuola napoletana (attualmente è direttore del Teatro stabile di Torino). L’altra visita di Martone ci fu il 29 gennaio del 2001 all’Università dell’Aquila per il ciclo di incontri “I lunedì del teatro”. Martone si era appena dimesso da direttore del teatro Argentina e, davanti a una platea di studenti e appassionati, sparò a zero contro l’ottusità dei personaggi che occupavano i teatri pubblici. Per quanto riguarda il cinema l’esordio è del 1992 con Morte di un matematico napoletano che vinse il gran premio della regia al festival di Venezia, oltre a tantissimi premi. L’ultima opera Il giovane favoloso su Giacomo Leopardi, a cinema da giovedì scorso, ha fatto scoprire a molti un grande autore anche al pubblico meno avvezzo al cinema autoriale.



La critica

Un Leopardi ribelle, rivoluzionario, anche un po’ frikkettone. Un nuovo punto di vista di Mario Martone sul grande poeta di Recanati fuori dagli schemi scolastici e convenzionali. Il regista napoletano con Il Giovane Favoloso forse ha girato la sua opera più matura, completa, complessa su un personaggio che ha fatto sempre discutere. Su tutti un superlativo Elio Germano, con il suo incedere furibondo, malinconico, melanconico, triste, ironico fotografato da un eccellente Renato Berta. E seguito da un cast più azzeccato che mai. Il film di due ore e un quarto è costituito da due parti: l’adolescenza e la giovinezza “ingabbiata” a Recanati e la maturità a Firenze, Roma e Napoli. Due stili diversi, due film in uno, ma miscelati in modo strepitoso da un montaggio raffinato di Jacopo Quadri e cadenzato dalla musica techno, grunge e new age del berlinese Sasha Ring. Un film corale dove nulla è fuori posto, anche se Martone si trova più a suo agio nella parte della sua Napoli. Lì la teatralità dei quartieri spagnoli, i personaggi, i pulicinella affascina, avvolge e stritola Leopardi che alla fine si ritrova in un girone infernale costituito da un bordello dei bassifondi partenopei. Così come nella prima parte il girone infernale è rappresentato dal padre, che più che il Conte Monaldo, sembra il Conte Dracula, che succhia il sangue di un figlio destinato solo al suo studio “matto e disperatissimo” nel “borgo selvaggio” di Recanati. Ma qui parte il colpo di scena: la furia, la fuga stoppata e solo rinviata. Inizia la parte atea, anarchica e ribelle del Giovane favoloso. Arricchita da visioni, da fasi surreali e oniriche dal sapore felliniano. La fase politica, i salotti che annoiano e gli amori non ricambiati (su tutto l’immagine di un accartocciato e sofferente Leopardi sulle rive dell’Arno trafitto da un cielo carico di nubi rappresentato da un dolly infinito e schiacciante). La macchina da presa di Martone alterna piani sequenza a campi e controcampi tra Leopardi e il borgo, per poi risultare frenetica e tarantolata nella fase napoletana. Per chiudersi infine, contemplativa, nella permanenza a Villa Ferrigni a Torre del Greco dove assiste all’eruzione del Vesuvio (uno stile che ricorda l’esplosione finale di Zabriskie Point di Antonioni con le musiche dei Pink Floyd) che ispira La Ginestra, testamento spirituale di Leopardi, al di là del pessimismo con lo sguardo verso l’avvenire. Un messaggio di solidarietà verso la condizione umana, verso i poveri, verso gli ultimi. E qui traspare il Leopardi politico di Martone che con pochi passi collega il mondo dell’800 alla nostra condizione umana, alle meschinerie, alle raccomandazioni, all’eccessivo potere della chiesa. Un mondo privo di solidarietà e condito solo dall’arrivismo. Ma alla fine in qualche pertugio, in qualche verso di poesia che allieta, in qualche parte si troverà sempre un Antonio Ranieri (un teatrale Michele Riondino) che ci sorreggerà e che ci permetterà di andare avanti. Il cinema di Martone è cinema di poesia (nel vero senso della parola) e solo il suo occhio poteva farci vedere un Leopardi così favoloso.
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